Lavoro, perchè cambiano obiettivi e motivazioni a seconda del genere?

Uomini e donne, in merito al lavoro, hanno approcci, motivazioni e obiettivi differenti.  Lo ha scoperto il Centro Studi di Fòrema, l’ente di formazione del sistema confindustriale veneto, che ha recentemente condotto un’indagine approfondita sulle esigenze e le aspettative delle persone che cercano lavoro o desiderano cambiare il loro attuale impiego. L’obiettivo della ricerca era comprendere meglio i bisogni degli individui in un contesto occupazionale in rapida evoluzione, influenzato dalle trasformazioni green e digitali.

Gli uomini puntano allo stipendio, le donne alla crescita professionale

Durante un periodo di cinque mesi, sono state raccolte le opinioni di oltre duecento partecipanti, tra cui corsisti e disoccupati, che hanno interagito con l’ente di formazione padovano. I risultati dell’indagine sono stati analizzati considerando vari fattori, come età, genere e situazione lavorativa, offrendo così una panoramica completa della realtà occupazionale attuale.

Una delle principali conclusioni emerse dall’analisi riguarda le differenze significative tra uomini e donne nei loro obiettivi e motivazioni lavorative. Mentre gli uomini mostrano una maggiore focalizzazione sulla busta paga e sull’indipendenza economica (51%), le donne considerano aspetti più ampi, come la crescita professionale e umana (14%). Si tratta probabilmente di un retaggio culturale, che riflette i tradizionali ruoli sociali e che evidenzia una disparità nelle priorità lavorative tra i generi.

La formazione è rosa

Un’altra tematica chiave riguarda la formazione professionale. Le donne attribuiscono maggiore importanza ai percorsi formativi rispetto agli uomini (55% contro 38%). La richiesta di formazione sulle competenze digitali è risultata fondamentale per il 52% degli intervistati, seguita dalla formazione tecnica (47%).

Le donne sono più propense a riconoscere l’importanza della formazione, in particolare per le digital skills (56%) e le competenze tecniche (46%).

I giovani vogliono investire in competenze tecniche

Per quanto riguarda i giovani, l’indagine mostra che investire nelle competenze tecniche è la priorità principale per il 75% di loro, mentre le digital skills sono essenziali per il 46%. Inoltre, i giovani sono più propensi a impegnarsi in tirocini formativi (58%) rispetto agli adulti (42%).

Infine, l’indagine evidenzia le preferenze specifiche di diversi gruppi demografici. Le donne mostrano un interesse maggiore per le informazioni sul mercato del lavoro (62%), mentre i giovani sono motivati dai bonus e dai servizi per agevolare la partecipazione alle attività (67%). Inoltre, lo status occupazionale influisce sulla percezione dell’utilità degli strumenti e dei servizi a disposizione per crescere professionalmente. Coloro che sono infatti in cerca di lavoro li ritengono fondamentali nel 50% dei casi, mentre la percentuale scende al 34% tra chi già lavora.

Crisi climatica: gli europei vogliono accelerare la transizione verde

Secondo il nuovo sondaggio Eurobarometro, oltre la metà degli europei pensa che la transizione verso un’economia verde dovrebbe essere accelerata.
I cittadini europei avvertono la minaccia del cambiamento climatico nella vita quotidiana: in media, oltre un terzo degli europei si sente personalmente esposto a rischi e minacce ambientali e legati al clima. Dal punto di vista economico, per il 73% degli europei il costo dei danni dovuti ai cambiamenti climatici è molto più elevato dell’investimento necessario per una transizione verde. Per questo motivo, e si aspettano massicci investimenti nelle energie rinnovabili.
I cittadini europei continuano quindi a sostenere in modo schiacciante la transizione energetica. E considerano ambiente e cambiamento climatico come una delle questioni più importanti che l’Unione Europea deve affrontare, 

Rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050

Più di otto intervistati su dieci ritengono importante che il proprio governo nazionale (86%) e l’Unione (85%) agiscano per migliorare l’efficienza energetica entro il 2030. Il 58% ritiene poi che l’uso delle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere accelerato e l’efficienza energetica aumentata. Per quasi nove cittadini UE su dieci (88%) le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte al minimo, compensando al contempo le emissioni rimanenti per rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050. Più di tre quarti infatti (77%) ritiene che il cambiamento climatico sia un problema molto serio in questo momento, classificando la gravità del cambiamento climatico tra 7 e 10 su una scala fino a 10.

Più sostegno finanziario pubblico alle energie pulite

Per tre quarti degli intervistati (75%) agire sul cambiamento climatico renderà le imprese dell’UE più competitive, e quasi altrettanti (73%) concordano sul fatto che il costo dei danni causati dal cambiamento climatico è molto più alto del costo dell’investimento in una transizione verde.
Sette intervistati su dieci (70%) poi sono convinti che la riduzione delle importazioni di combustibili fossili extra UE può aumentare la sicurezza energetica e avvantaggiare economicamente l’UE (27% totalmente d’accordo, 43% tendenzialmente d’accordo). E quasi otto su dieci (78%) sono d’accordo sul fatto che si dovrebbe destinare più sostegno finanziario pubblico alla transizione verso le energie pulite, anche se ciò significa ridurre i sussidi ai combustibili fossili.

È necessario fissare obiettivi ambiziosi

Quasi nove europei su dieci (87%) pensano che sia importante fissare obiettivi ambiziosi per aumentare l’uso di energia rinnovabile, e l’85% ritiene importante che l’UE agisca per migliorare l’efficienza energetica, incoraggiando le persone a isolare la propria casa, installare pannelli solari o comprare auto elettriche.
Inoltre, riporta Adnkronos, la grande maggioranza dei cittadini sta già intraprendendo azioni individuali per il clima (93%), e compie consapevolmente scelte sostenibili nella vita quotidiana.
Tuttavia, i cittadini sottolineano la necessità di riforme per accompagnare l’azione individuale, indicando anche la responsabilità dei governi nazionali (56%), dell’UE (56%) e dell’industria (53%).

L’età media dei lavoratori sale a 42,7 anni, e cresce il pay gap

A fotografare la ‘fatica’ dei giovani lavoratori alle prese con un mercato del lavoro sempre più anziano è uno studio allegato all’ultimo Rapporto annuale Inps firmato dagli economisti Nicola Bianchi, della Northwestern Kellogg School of Management, e Matteo Paradisi, dell’Einaudi Institute for Economics and Finance. Di fatto, lo studio sottolinea come in Italia l’età media della forza lavoro sia salita dai 35,8 anni del 1985 ai 42,7 anni nel 2019. Ma la conseguenza di un progressivo invecchiamento dei lavoratori ha un risvolto inaspettato: “La maggiore offerta di lavoratori più anziani non ha frenato la crescita del loro salario rispetto ai lavoratori più giovani – si legge nel rapporto -. Anzi, il divario salariale per età si è notevolmente ampliato a favore dei lavoratori più anziani”, salito tra il 1985 e il 2019 del 19%.

Al divario salariale si associa un rallentamento delle carriere dei giovani 

Si tratta di un gap salariale che l’Italia condivide, seppure in termini meno spiccati, anche con altri Paesi. Il divario salariale è infatti aumentato del 10% a favore dei lavoratori anziani anche negli Stati Uniti, dell’11% nel Regno Unito (1997-2019) e del 17% in Danimarca (1997-2019). Ma anche la Germania registra un pay gap di questi livelli. Anzi, considerando l’ampio campione di lavoratori e imprese italiane e tedesche, lo studio registra come “l’allargamento del divario salariale per età sia associato a un rallentamento delle carriere dei lavoratori più giovani, mentre quelle dei lavoratori più anziani sono migliorate”.

Posizioni manageriali ricoperte sempre dai senior 

Dal 1985 al 2019, infatti, “la probabilità che i lavoratori più giovani si trovassero nel quartile più alto della distribuzione dei salari è diminuita del 34%, mentre la stessa probabilità, per i lavoratori più anziani, è aumentata del 16%”. Inoltre, la probabilità che i lavoratori più giovani ricoprano posizioni manageriali “è diminuita di due terzi tra il 1985 e il 2019, mentre è aumentata dell’87% tra i lavoratori più anziani”.

Le cause? Esternalizzazione del lavoro e aumento dell’età pensionabile

Tra le cause che alimentano il divario salariale gli economisti sembrano propensi a indicare, almeno dal 2005 a oggi, il crescente utilizzo delle esternalizzazioni cui ricorrono le imprese, ma anche, per quanto riguarda la mancata carriera dei giovani in Italia, una diminuzione della produttività aziendale insieme a un aumento dell’età pensionabile.
I lavoratori più anziani, riporta Adnkronos, “hanno esteso le loro carriere occupando le loro posizioni apicali più a lungo – aggiunge lo studio -, impedendo ai lavoratori più giovani di raggiungere le posizioni meglio retribuite”.

Un anno di tendenze: la “tempesta perfetta” del 2022

I fatti che hanno caratterizzato il 2022 ci hanno traghettato in un mondo diverso, distinto da nuove abitudini e trend emergenti che ci accompagneranno nel corso del 2023, e probabilmente, anche oltre. Nell’edizione 2023 del report Un anno di Tendenze, GS1 Italy ha raccolto una sintesi dei contenuti apparsi nell’arco dei 12 mesi trascorsi e dei temi chiave che hanno caratterizzato lo scorso anno.
“La piega, inattesa e drammatica, che hanno preso gli eventi ci ha costretti a fare i conti con uno scenario completamente diverso e quanto mai ingarbugliato – commenta Francesco Pugliese, presidente GS1 Italy -: una ‘tempesta perfetta’ che ha avuto, e avrà ancora a lungo, effetti molto concreti e pratici sulla nostra vita quotidiana”.

Tempi straordinari: rinuncia, riduci, rinvia

Con la guerra russo-ucraina è arrivato un altro tsunami sull’economia, già provata dalla pandemia: il caro bollette si aggiunge a una crisi sociale delle famiglie, e pesa come un macigno sui conti delle aziende. E per le imprese del largo consumo e del retail si tratta di ripensare ai modelli organizzativi interni e alla relazione tra industria e distribuzione. Di fronte all’incalzare dell’inflazione le strategie messe in atto dal consumatore prevedono una spending review dei beni non essenziali, che diventa però anche un nuovo modo di intendere il consumo: più flessibile, variabile, distintivo, frammentato e contraddittorio. Con alcuni punti di riferimento però non negoziabili (la ricerca della convenienza, l’intercambiabilità dei canali di acquisto, la condivisione dei valori), che rendono necessari nuovi strumenti di analisi qualitativa e quantitativa.

Il coraggio di innovare: visioni condivise

Nella nuova economia digitale i lavori relativi all’innovazione non si fermano, scandagliano nuovi canali e nuove tecnologie, e convergono in una direzione precisa: il rafforzamento dell’omnicanalità declinata nelle forme più diverse. A beneficiarne sono i percorsi di acquisto dei consumatori, ma per le aziende è fondamentale mettere a punto processi efficienti offline e online, per esperienze senza frizioni. Inoltre, il progresso tecnologico a livello globale trae maggiore forza dalle regole di un linguaggio comune, capace di rendere più efficienti i processi e le relazioni professionali, e viceversa.
Il sistema degli standard globali è la pietra miliare su cui si fonda il futuro sostenibile della società contemporanea, delle attività economiche, della salute, e dei consumi.

Strategia verde e supply chain condivisa

La lotta al cambiamento climatico e alle disuguaglianze è in cima all’agenda della normativa europea e delle istituzioni internazionali, che indicano una direzione precisa alle aziende e ai cittadini. Strumenti e soluzioni che a essa si richiamano, sostengono e guidano gli sforzi delle imprese verso pratiche sempre più sostenibili. E il retail può essere uno dei protagonisti.
Chiamate a ripensare i processi, a sperimentare soluzioni innovative e ad attivare sinergie capaci di ottimizzare la filiera con vantaggi economici e ambientali, le imprese del settore del largo consumo possono ottenere risultati solo condividendo le esperienze e le iniziative di successo. Per farle diventare patrimonio di conoscenza a disposizione di tutti.

Valori, come guidano le scelte di acquisto dei consumatori?

Ognuno di noi ha una precisa scala di valori, alla quale cerca di attenersi nelle diverse situazioni della vita. Tali valori, però,  hanno pesi diversi a seconda del momento della nostra esistenza. In ogni caso, a prescindere dalle differenze generazionali, i valori guidano anche le decisioni di acquisto. Per un numero crescente di consumatori, infatti, la scelta di cosa acquistare non è più legata solo al prezzo o al prodotto, ma anche ai valori che un brand incarna. In sintesi, chi deve effettuare un acquisto predilige i marchi che in qualche modo incarnano la medesima visione del mondo. Di conseguenza, la comunicazione aziendale deve tenere sempre più conto dell’attualità, dei valori e dei temi della contemporaneità, anche se questi potrebbero sembrare “lontani” dai propri mercati di riferimento. Poiché i consumatori hanno sensibilità diverse, per le aziende è oggi un imperativo comprendere quali siano le problematiche più vicine e più sentite dal loro target.

I benchmark della Generazione Z

Queste nuove indicazioni sono inserite nel rapporto Gfk “Sinotica Highlights: generazioni a confronto”. Dall’analisi, ad esempio, si può rilevare rilevato che i temi “caldi” tra le giovani generazioni in Italia sono soprattutto l’inclusione e l’abbattimento delle barriere. Per la fascia di età 20-24 anni della GenZ, valori come l’inclusione, la lotta al razzismo e al body shaming, la fluidità di genere e le pari opportunità di lavoro per uomini e donne sono assolutamente fondamentali. Inoltre, questo segmento di giovani italiani è particolarmente coinvolto quando brand e aziende prendono posizione su questi temi.

Gli “over” attenti alla tutela del Made in Italy

I valori degli italiani over 55 sono notevolmente diversi. Per la fascia di età più matura, la crisi sanitaria e climatica e la tutela del Made in Italy sono senza dubbio valori fondamentali. In particolare, il Made in Italy è un importante driver di acquisto per questo specifico target: il 72% degli over 55 apprezza le aziende che si impegnano nella tutela dei prodotti italiani.

Linguaggi e media diversi a seconda del target

A seconda dei target e dell’età del pubblico di riferimento, vanno di conseguenza adattati anche i linguaggi di comunicazione, al fine di renderli efficaci. Ad esempio, nella fascia di età 14-19 anni, gli spot spettacolari con elementi trasgressivi e che utilizzano celebrità come testimonial sono particolarmente apprezzati. Pertanto, per comunicare in modo produttivo, è imperativo utilizzare non solo linguaggi, ma anche media e touchpoints appropriati.

Le app vengono usate in media quasi cinque ore al giorno

Il report 2021 elaborato dalla piattaforma di analisi App Annie ha analizzato le applicazioni più scaricate e il comportamento degli utenti di smartphone e tablet. E dalla ricerca emerge che le app segnano un nuovo record di utilizzo: in tutto il mondo in media vengono utilizzate 4 ore e 48 minuti al giorno, di più in Corea del Sud e Brasile, per una spesa negli ultimi 12 mesi pari a 320.000 dollari al minuto. Il tempo di utilizzo viene destinato per il 42% alle applicazioni social e di comunicazione. Ma in Italia le più scaricate sono le app legate all’emergenza Covid-19, come PosteID, IO, Verifcac19, e Immuni.

TikTok, Instagram, Facebook e WhatsApp le più scaricate

In pratica, passiamo sempre più tempo della nostra giornata davanti al display dei dispositivi mobili e sulle app, in crescita rispetto alle 4,2 ore del rapporto precedente. Il tempo viene speso prevalentemente sui social (42%) e sulle app di foto e video (25%). L’8% viene dedicato ai giochi, e il 3% all’intrattenimento. Anche quest’anno l’app più scaricata globalmente è stata TikTok, seguita da Instagram, Facebook e WhatsApp. Ma nella top 10 c’è posto anche per Zoom e CapCut per il video editing. I giochi con più utenti mensili nel mondo sono stati invece PUBG Mobile, Roblox e Candy Crush Saga, e ancora in classifica, Pokemon GO.

Si spende di più per Dazn, Disney+, Google One, Tinder e Netflix

In Italia, invece, nel 2021 le applicazioni più scaricate sono state quelle collegate alla pandemia: PosteID, IO, Verifcac19, Immuni, e Vinted, l’app per comprare e vendere vestiti usati anche firmati. Sempre nel nostro paese, in termini di utenti attivi mensili, in testa si trovano  WhatsApp, Facebook, Instagram e Messenger. Ma tra le prime dieci anche Amazon, Spotify e Netflix. La classifica delle app con le quali si spende di più vede invece in testa Dazn, Disney+, Google One, Tinder e Netflix. E tra i giochi, il più scaricato è stato Count Masters.

Nel 2021 sono state pubblicate 2 milioni di app inedite

In termini mondiali, parallelamente alla domanda cresce anche l’offerta, con 2 milioni di app inedite pubblicate nel 2021, di cui il 77% sullo store di Google, riferisce Ansa.
Sommando App Store e Play Store, sono 21 milioni le applicazioni pubblicate fino a oggi. Sempre nel 2021, 233 app e giochi hanno generato più di 100 milioni di dollari, e 13 di queste hanno generato oltre 1 miliardo. Nel corso degli ultimi 12 mesi gli utenti hanno speso una media di 320.000 dollari al minuto, il 19% in più su base annua, per una cifra complessiva di 170 miliardi di dollari. Sono inoltre sostanziali, riporta Ansa, le differenze nel download delle app e negli acquisti a seconda delle generazioni. La Generazione Z (i nati tra 1997-2010) preferiscono le app social e video, i Millennial (i nati dal 1981 al 1996) le app di messaggistica, mentre la Gen X (1965-1980) non sembra focalizzarsi su una categoria specifica.

Donne medico, in Italia esiste ancora un gender gap?

Esiste un gender gap nella professione medica? Pare proprio di sì, anche se il numero di dottoresse – peraltro molto capaci – sia in costante aumento nel nostro paese. Eppure, stando alle dirette interessate, continua a esistere una disparità di genere tra i professionisti sanitari in termini di opportunità di carriera, di trattamento ricevuto sul luogo di lavoro e di credibilità agli occhi dei pazienti. Questo è quanto emerge dalla ricerca condotta da Univadis Medscape Italia – il portale di informazione per i professionisti della salute con notizie, strumenti, aggiornamenti e formazione continua per la classe medica – che ha indagato a che punto siamo nel nostro Paese in tema di gender equity in medicina.

Meno carriera per le quote rosa

Questa differenza di percezione trattamento tra medici uomo e medici donna emerge proprio dal sondaggio condotto  online su 1.779 intervistati (di cui 999 maschi e 780 femmine): dalle risposte fornite si scopre che la progressione della carriera riscuote un interesse paragonabile tra i due sessi. Però, ancora oggi, il genere pare giocare un ruolo importante, tanto che il 44% delle donne si sente penalizzata contro il solo 10% degli uomini. A rimarcare maggiormente la differenza di genere è il dato che sottolinea come i rappresentanti maschili del campione siano divisi quasi a metà tra chi ha un ruolo direttivo e chi no, fatto che non vale per il sesso femminile: solo 1 donna su 3 ricopre un ruolo apicale, mentre circa il 48% riferisce di aver personalmente subito un trattamento diverso sul luogo di lavoro perché donna. Questo sentimento risulta preponderante nella generazione X (nate tra 1981 e il 2000), forse perchè più consapevoli dei propri diritti rispetto alle donne che le hanno precedute. Le dottoresse si sentono svantaggiate anche in ambiti in cui teoricamente la qualità scientifica dovrebbe essere l’unico metro di giudizio: oltre 1 su 5 trova ingiustificate difficoltà a pubblicare nella letteratura scientifica e 1 su 3 a essere invitata a presentare le proprie ricerche in un consesso di colleghi. Ma sono pure i pazienti a creare disparità di genere: le donne medico vengono spesso confuse con altri professionisti sanitari – come ad esempio gli infermieri – e hanno una minore credibilità agli occhi del malato, del loro accompagnatore e a volte dei colleghi uomini. 

Il difficile bilanciamento lavoro-vita privata

Ma in cima alle preoccupazioni dei medici italiani, a prescindere dal genere, c’è la ricerca di un difficile equilibrio volto a conciliare vita privata e professionale – indicata dal 40% dei maschi intervistati e dal 33% delle femmine, con una differenza modesta tra chi ha figli e chi non ne ha. In questo contesto la pandemia ha aumentato la pressione associata a questo lavoro influendo sul modo in cui i medici vedono la propria professione, con 1 donna su 2 che è stata spinta a rimettere in discussione la propria carriera di medico per motivazioni quali l’eccessiva richiesta di sacrifici senza riscontro economico, l’elevato livello di rischi e la necessità di dare priorità alla famiglia e ai propri affetti. Insomma, la strada per la parità è ancora lunga, anche in corsia. 

Consumi in crescita: gli italiani hanno voglia di shopping (in negozio)

Finite, o quantomeno molto allentate, tutte le limitazioni legate all’emergenza sanitaria, gli italiani hanno di nuovo voglia di uscire e di spendere. Tanto che nel 2021 ci si attende un vero e proprio rimbalzo delle spese. Alla fine dell’anno, rivela il 2° Rapporto Censis-Confimprese, l’associazione che raggruppa gli operatori del retail, la spesa per consumi delle famiglie sfonderà il muro dei 1.000 miliardi di euro. Nel secondo trimestre del 2021 i consumi degli italiani si sono già ripresi del 14,2% rispetto allo stesso periodo del 2020 (33 miliardi in più), con una netta inversione di tendenza rispetto al -5,4% registrato nel primo trimestre dell’anno. L’incremento a consuntivo d’anno ammonterà a 60 miliardi in più rispetto all’anno scorso, un tesoretto prezioso per rivitalizzare l’economia reale. Complessivamente la pandemia ha bruciato dieci anni di crescita dei consumi. Ma, se non ci saranno nuovi stop sanitari, a Natale si prevedono almeno 9 miliardi di spesa in più rispetto alle passate festività. 

Desiderio di fare acquisti nei canali fisici del commercio

Se i vari lockdown hanno costretto gli italiani a stare non solo in casa, ma in qualche modo a spostare i loro soldi dalle spese ai risparmi, ora si assiste a una tendenza inversa. Sono 4,5 milioni i nostri connazionali che, forti di redditi rimasti intatti e di risparmi forzosi dovuti all’impossibilità di poterli utilizzare durante la pandemia, ora sono pronti a spendere per i consumi più di quanto facessero nel periodo pre-Covid. Ma come? In negozio: il 64% degli italiani ha nostalgia degli acquisti nei punti vendita fisici, nei centri commerciali, nelle piazze dello shopping, anche riducendo il ricorso all’e-commerce. Lo dicono di più le donne (67,6%) e le persone benestanti (69,8%). La normalità per gli italiani è fatta anche di shopping fisico, da cui traggono emozioni e benessere.

Mix di canali fisici ed e-commerce

Utilizzare ogni tipo di informazione disponibile per decidere cosa acquistare e dove farlo: ecco il potere rinforzato del consumatore con cui il retail dovrà misurarsi. Il 64,9% degli utenti di internet cerca informazioni su aziende, prodotti e servizi. Il 53,4% confronta i prezzi dei prodotti e servizi per valutare le diverse opzioni. È questo l’importante contributo del digitale: i consumatori sono diventati più forti grazie ai flussi informativi facilmente accessibili a chiunque e ovunque per giudicare, scegliere, acquistare. L’e-commerce è ormai una realtà consolidata: il 51,6% degli internauti (il 62,3% delle persone più istruite, il 64,6% dei 30-44enni) ha effettuato almeno un acquisto online nell’ultimo mese. Dopo la pandemia ogni consumatore costruirà la sua spesa personale combinando canali fisici del retail e e-commerce.

Regione Lombardia e Unioncamere sostengono le PMI con FaiCredito Rilancio

Le micro, piccole e medie imprese lombarde hanno a disposizione uno strumento in più per restare sane e competitive sul mercato. Si tratta della misura FaiCredito Rilancio, messa in campo da Regione Lombardia e Camere di Commercio lombarde con un fondo a disposizione 13 milioni e 560 mila euro. Come si nelle in una nota di Unioncamere, la misura “E’ finalizzata a migliorare le condizioni di accesso al credito da parte delle MPMI intervenendo con contributi a fondo perduto per l’abbattimento tassi sia su finanziamenti per la liquidità, sia su finanziamenti per investimenti così da supportare le imprese a superare questa fase di difficoltà e a investire per il rilancio del business”.

Chi può beneficiarne e caratteristiche del finanziamento

Possono beneficiarne le micro, piccole e medie imprese di tutti i settori economici aventi sede operativa e/o legale in Lombardia e che stipulino un contratto di finanziamento con un istituto di credito (banche) e/o un Confidi di un importo minimo pari a 10.000 euro. 
“Il finanziamento che può essere destinato alla liquidità ovvero alla copertura di investimenti” spiega ancora la nota “è agevolabile nei limiti di 150.000 euro e per una durata da 12 a 72 mesi (compreso un preammortamento di 24 mesi). Sono ammissibili al contributo in conto interessi i contratti di finanziamento stipulati a decorrere dall’1 gennaio 2021. Il Sistema camerale lombardo e Regione Lombardia intervengono per l’abbattimento degli interessi fino al 3% (TAEG) e il contributo massimo è di 10.000 euro. È altresì riconosciuta una copertura del 50% dei costi di garanzia fino ad un valore massimo di 1.000 euro”. 

Come presentare le domande 

Le domande di contributo possono essere presentate a partire dal 19 luglio fino al 12 novembre 2021, direttamente dall’impresa o attraverso un Confidi. Il bando completo di modulistica e le informazioni dettagliate sono pubblicate sul sito di Unioncamere Lombardia. 

“Favorire la ripresa del tessuto produttivo”

“Abbiamo sostenuto le imprese nel periodo più difficile della pandemia per garantire la continuità aziendale ed è giunto ora il momento di favorire la ripresa del nostro tessuto produttivo” ha detto Gian DomenicoAuricchio, presidente Unioncamere Lombardia. “La disponibilità di liquidità e di risorse per investimenti è fondamentale per consentire alle imprese lombarde di rilanciarsi sul mercato, guardando con maggiore fiducia al futuro e investendo nella propria attività ed è a questo che mira questa nuova iniziativa promossa dal Sistema camerale lombardo e da Regione Lombardia”.

Qual è lo “smartphone ideale” per gli italiani?

In un anno caratterizzato dall’andamento altalenante del mercato degli smartphone, l’interesse online in Italia ha mostrato invece una decisa crescita, chiudendo il 2020 con +60,6% di intenzioni d’acquisto rispetto al 2019. Sulla base dei filtri di ricerca più utilizzati sul proprio portale, Idealo ha delineato le caratteristiche dello smartphone ideale per gli italiani.  Secondo i dati emersi dalle ricerche online sul portale, l’utente medio italiano che vuole acquistare un nuovo smartphone ha chiaro in mente il tipo e le caratteristiche del prodotto desiderato, soprattutto iPhone 11 (8,1%), iPhone 12 (4,0%), Xiaomi Redmi Note 9 Pro (3,3%), Apple iPhone 12 Pro (2,8%), Samsung Galaxy A71(2,8%) e Apple iPhone SE 2020 (2,7%). 

Brand, caratteristiche tecniche e dimensioni dello schermo

La base di partenza di coloro che si apprestano ad acquistare uno smartphone online è il nome del produttore, e le ricerche in base al brand puntano ad Apple (31,9%), Samsung (24,5%), Xiaomi (19,1%), Huawei (7,7%) e OPPO (4,2%).Gli altri filtri di ricerca più utilizzati dagli utenti online riguardano le caratteristiche tecniche. Su 100 e-shopper, infatti, quasi 44 sono interessati al tipo di prodotto, e,tra i risultati le preferenze sono soprattutto per gli Smartphone 5G. Quasi 17 utenti poi sono interessati alle dimensioni dello schermo, con preferenza per gli smartphone da 5,5”, 9 utenti sono interessati alla memoria interna, con preferenza per gli smartphone da 128 GB e 4 utenti alla quantità di RAM, con preferenza per gli smartphone con RAM da 4GB.

Prezzo e colore della scocca 

Su 100 utenti online, inoltre, circa 7 e-shopper utilizzano il filtro “prezzo” nelle ricerche, e quasi la metà imposta un range tra i 100 e i 300 euro, concentrandosi su modelli non più vecchi di due anni e sfruttando il naturale deprezzamento registrato dai cellulari dopo il loro lancio. La scelta del colore della scocca dello smartphone segue un po’ i gusti, la moda, il genere e l’età dell’acquirente. Se bianco è il colore molto probabilmente più trendy per gli utenti più giovani, il nero è il primo colore scelto da Apple per le sue linee di telefoni; rappresenta una scelta classica e decisamente professionale.

Sono più gli uomini a cercare il cellulare dei sogni online

Nelle ricerche online le preferenze sono indirizzate senza dubbio verso i modelli color nero da 128 GB, riporta Italpress. Al secondo posto tra le preferenze di colore si posizionano a parimerito le ricerche con filtro nero/64GB e bianco/128GB. A seguire, tra i colori preferiti, troviamo il grigio, il blu, il rosso, il viola e l’argento. Sono d’altronde prevalentemente gli uomini a effettuare ricerche online nella categoria smartphone (67,1%) anche se, nell’ultimo anno, le donne sono aumentate più degli uomini, crescendo del +64,3% contro il +59,4% degli uomini.