Turismo, Giubileo 2025 e Milano-Cortina 2026 le sfide da vincere

I grandi eventi si confermano una straordinaria motivazione per i viaggi. Tanto che, in concomitanza di queste occasioni, si registra un aumento significativo della spesa turistica. I dati lo confermano: In occasione ad esempio del Giubileo e durante le Olimpiadi invernali si sono visti aumenti rispettivamente dell’81% e del 36%.

A questo proposito, si è tenuto recentemente a Roma un confronto organizzato da Unioncamere e Isnart Istituto Nazionale Ricerche Turistiche, focalizzato sull’evoluzione del turismo in Italia nell’ultimo anno e sulle sfide rappresentate dal Giubileo 2025 e dalle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026.

Italia, una destinazione da primato

Nel 2023, l’Italia ha registrato 852 milioni di presenze turistiche, con i millennial (età compresa tra i 28 e i 42 anni) che rappresentano il 41% della domanda. Le Città d’Arte e Cultura hanno attratto il 40,4% delle presenze, seguite dal Mare (26,6%) e dalla Montagna (16,6%). Le presenze hanno premiato principalmente Città d’Arte e Cultura (40,4%), Mare (26,6%) e Montagna (16,6%). 

L’Osservatorio ha inoltre misurato l’evoluzione delle principali motivazioni di viaggio nel periodo 2012-2023: il trend di crescita vede la Cultura confermarsi per il secondo anno al 1° posto (era 7°), l’Enogastronomia passare dall’11° al 5° posto e gli Eventi, passati dal 19° al 12° posto, capaci di attrarre oramai il 6,5% dei flussi turistici, in particolare nel target alto spendente. Le previsioni per il Giubileo e le Olimpiadi confermano questo trend, con un previsto aumento significativo degli arrivi turistici e della spesa associata. 

Il rischio overbooking

Per entrambi gli eventi, però, emerge un rischio overbooking: molto elevato per il Giubileo, in considerazione dei 400 mila posti letto di attuale capacità ricettiva che già oggi presentano un tasso di occupazione medio annuale del 66%; probabile per Milano-Cortina, considerati gli attuali 250 mila posti letto con un tasso di occupazione medio nel periodo del 63%, parzialmente mitigato dal fatto che le maggiori presenze si distribuiranno in un territorio più ampio. 

Il sentiment verso Roma e Milano

Isnart ha condotto analisi del sentiment su Roma e Milano per valutare l’esperienza dei turisti e identificare le aree di intervento prioritarie, come inquinamento, sicurezza e qualità dei servizi. L’ottimizzazione delle soluzioni e la maturazione delle competenze sono cruciali per sfruttare appieno il potenziale turistico dei due grandi eventi.

L’indagine ha rivelato un quadro positivo per entrambe le destinazioni, con Roma che conserva il suo forte appeal culturale e Milano-Cortina e le città circostanti che mostrano livelli elevati di attrattività complessiva. L’industria turistica continua a contribuire in modo significativo all’economia e all’occupazione, dimostrando una notevole resilienza durante la pandemia e sostenendo la crescita dell’occupazione femminile e delle imprese a titolarità estera.

Lavoro: i consigli per un colloquio di successo

Come presentarsi a un colloquio di lavoro in modo adeguato ed efficace, in modo da intercettare le esigenze e le aspettative di chi abbiamo di fronte?

Quando si ricerca un impiego, uno degli aspetti più importanti è il colloquio. È un momento fondamentale, che richiede tempo, preparazione e determinazione, poiché rappresenta la prima vera occasione per mettersi in luce agli occhi di un head hunter o un datore di lavoro.
Ma niente paura, perché gli specialisti del mondo del recruiting risolvono tutti i dubbi che interessano gli aspiranti lavoratori. E seguendo alcuni consigli mirati si può aumentare la possibilità di successo in termini d’assunzione.

Conoscere l’azienda in anticipo non guasta

Innanzitutto, è importante cercare di conoscere l’azienda presso cui si vorrebbe lavorare. “Bisogna prendersi il tempo per fare qualche ricerca online sulla storia dell’azienda, sulle sue attività e sui prodotti che produce”, spiega Fabio Splendori, fondatore di QuoJobis. In questo modo, si dimostra di essere motivati e interessati al lavoro offerto.

Un altro aspetto estremamente rilevante da tenere a mente è l’abbigliamento. “Può sembrare scontato o irrilevante ma la prima impressione è quella che conta – continua Splendori -. Indossare un abbigliamento curato e professionale può fare la differenza nella percezione che il datore di lavoro avrà del candidato”.
Alla larga, quindi, dai vestiti troppo casual o sportivi per scegliere al contrario abiti adeguati a qualunque ambiente di lavoro e in sintonia con il tipo di lavoro che si sta cercando.

Arrivare puntuali e mostrare sicurezza e determinazione

“Ricordarsi inoltre di essere puntuali è un dettaglio che preferiamo sempre far presente – consiglia l’esperto -. Arrivare con un leggero anticipo al colloquio mostra la propria puntualità e impegno verso il lavoro e ribadisce la volontà di rispettare gli impegni presi”.
Da tenere a mente anche che, al contrario, arrivare con largo anticipo può creare imbarazzo e problemi all’ambiente di lavoro che in quel momento sta accogliendo il candidato per il colloquio.

Utile poi ribadire che durante il colloquio bisogna sempre cercare di mostrare sicurezza e determinazione. “Non si deve avere paura di dire ciò che si pensa e di rispondere alle domande in modo chiaro e preciso – puntualizza -. Evitare di essere troppo reticente o modesto, potrebbe essere un errore”.

Le pillole per realizzare un colloquio eccellente

Insomma, puntualità, presentabilità, sicurezza, gestione dell’ansia e motivazione sono le pillole per riuscire a realizzare un colloquio eccellente.

“Cerchiamo sempre di suggerire ai candidati di mantenere un atteggiamento positivo ed educato – sottolinea ancora l’esperto -. Mostrare gratitudine per la possibilità che viene offerta e ringraziare il proprio interlocutore per il tempo che ha dedicato al colloquio. Anche se l’incontro non va come sperato, meglio fare in modo di rimanere comunque educato e professionale: potrebbero ricordarsi di te proprio per queste qualità”.

Come avere successo nel lavoro: quali abitudini cambiare?

Come modificare le abitudini negative e smettere di avere comportamenti poco efficaci nel raggiungere il successo al lavoro?
Il successo spesso è questione di abitudini: consuetudini salutari che possono ridefinire il nostro equilibrio in senso migliorativo, aiutandoci a raggiungere i nostri obiettivi.

“Uno schema efficiente per cambiare le nostre abitudini è la semplificazione – spiega all’Adnkronos/Labitalia Roberto Castaldo, esperto di performance management, founder di 4 Man consulting -, così come teorizzato in neuroscienza. In particolare, è possibile modificare il nostro modo abituale di agire grazie alla teoria dei 21 minuti. Il metodo viene utilizzato da imprenditori, manager e professionisti ed è finalizzato all’aumento della produttività”.

La teoria dei 21 minuti

“Concentrandoci su una singola attività per 21 minuti e ripetendola per 21 giorni consecutivi, ostacolo davanti al quale la nostra forza di volontà spesso si arrende, possiamo ottenere risultati importanti, riuscendo a creare nuove e positive abitudini – avverte Roberto Castaldo -. Ogni volta che eseguiamo un’azione, infatti, nel nostro cervello avviene qualcosa di simile all’apertura di un canale. Più eseguiamo questa azione, più apriamo questo canale, facendo spazio a una nuova consuetudine. Lo schema efficiente segue il sistema Idra, e si basa sulla definizione di obiettivi specifici generando un incremento delle performance del 50%. Il primo passo – puntualizza Castaldo – è pensare alla nuova abitudine che si vuole sviluppare”.

Elaborare un’idea e pianificare un progetto

Il secondo step, è definire nel dettaglio il progetto seguendo un percorso logico fondato su uno schema sequenziale e basato su idee, descrizione risultati, azioni. Per elaborare un’idea, le domande sono: chi sei? Che ruolo hai? Quali sono le risorse a tua disposizione? Poi, descrivere l’obiettivo usando al massimo 250 parole, scrivere cosa si vuole ottenere, ed elaborare un piano di azioni utili al raggiungimento dei risultati che si vogliono ottenere.

“Questa metodologia – aggiunge l’esperto – oggi è utilizzata da molte Pmi in diversi ambiti. Nella governance utilizzando il sistema 21 minuti imprenditori e manager riescono a dedicare periodicamente tempo ad attività di pianificazione strategica, che spesso viene procrastinata e rientra in uno dei motivi di aumento del costo della non qualità”.

Ridurre turnover e tempo di inserimento

“Nell’onboarding delle nuove risorse e change management questa metodologia se usata nell’inserimento di nuove risorse in azienda riduce del 62% il tempo di inserimento e il turnover in azienda del 34% – continua ancora Castaldo -. Nelle attività di change management il sistema consente di dedicare tempo alla pianificazione e allo sviluppo, rimanendo altamente produttivi. Molto spesso le attività di formazione e training vengono rimandate a causa di una forte operatività. Questa metodologia consente di investire al meglio in questo fondamentale asset senza intaccare la produttività dello staff”.

Ocean Economy: perchè gli oceani da preservare sono anche un “business”?

Gli oceani sono una risorsa, da preservare anche a livello di business, e le aziende iniziano a capire che le proprie azioni hanno un impatto sulla salute dell’oro blu. A marzo 2023 le Nazioni Unite hanno concordato un trattato per proteggere gli oceani e riparare la natura marina, l’High Seas Treaty che formula obiettivi ambiziosi tra cui fermare la perdita di biodiversità, rendere area protetta il 30% delle aree oceaniche e ripristinare il 30% degli habitat degradati entro il 2030. Il tutto, per un costo che si aggira sui 10 trilioni di euro. D’altronde, ogni euro investito nella ricostituzione della vita marina ne genera 10 di ritorno.
È quanto rileva la terza edizione del report ‘Business for Ocean Sustainability’, sviluppato da One Ocean Foundation in collaborazione con SDA Bocconi, McKinsey & Company e CSIC (Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo).

Il Blue Natural Capital genera 5,2 trilioni di dollari l’anno

Il Blue Natural Capital dovrebbe essere il principio guida di una Ocean Economy a favore della natura. Un’economia che genera ogni anno 5,2 trilioni di dollari. Ma le aziende sono responsabili per la pressione diretta e indiretta esercitata sugli oceani. Secondo il Report il 52% delle aziende oggi è consapevole della pressione sull’ecosistema marino, e molte hanno cominciato ad agire per mitigare tale pressione. Ma il punteggio medio di attivazione per azienda, ovvero il numero di azioni con effetto positivo sull’oceano, è solo al 20%, con grandi differenze tra i settori.
Inoltre, la maggior parte delle aziende sta agendo con misure che vanno a beneficio degli oceani solo in modo indiretto. Poche hanno attivato azioni rivolte direttamente alla conservazione e alla sostenibilità.

Criteri SDG: vita sottomarina considerata meno prioritaria

Tra le aziende che agiscono più miratamente, il 50% ha una prospettiva basata sulla mitigazione del rischio, il 35% su mitigazione del rischio e opportunità, e solo il 15% è focalizzato sulle opportunità di business. Se a fronte di una crescente consapevolezza dell’importanza sociale, ambientale ed economica degli oceani, il criterio SDG14 ‘Life Below Water’, l’indicatore del livello di attenzione che le imprese prestano a questi temi, rimane uno degli SDG considerato meno prioritario.
Il 76% delle aziende si è impegnato su almeno 1 dei 17 criteri SDG (60% nel 2019), ma SDG14 è incluso solo dal 9% delle aziende, che si focalizzano soprattutto su SDG5 ‘Gender Equality’ e SDG13 ‘Climate Action’. 

Scarsa consapevolezza della pressione esercitata sui mari

Di contro, il numero delle aziende impegnate nell’SDG14 è cresciuto dal 6% del 2017 al 9% del 2021.
Il Report sottolinea però come le aziende che operano nell’Ocean Economy siano più attente. Il 32% di loro include SDG14 nei propri report di sostenibilità, le imprese del settore tessile e abbigliamento sono il 24%, e quelle dei Servizi pubblici & Generazione di energia elettrica e Agrifood il 13%.
Quindi, a fronte di una crescente consapevolezza rimane comunque diffusa una scarsa coscienza delle pressioni dirette e indirette che l’industria esercita sui mari, specialmente nei settori non direttamente operanti nell’Ocean Economy.

Il futuro del Retail in Italia è digitale

Durante il primo lockdown il digitale è diventato strumento essenziale per la sopravvivenza del commercio. Lo confermano i top retailer italiani che hanno immediatamente investito nello sviluppo di una progettualità ecommerce. Chi invece era già presente online ha potenziato la propria iniziativa consolidando l’infrastruttura logistica, grazie all’apertura di nuovi magazzini e all’utilizzo dei punti vendita a supporto dell’online, mettendo in atto investimenti tecnologici, e assumendo nuovo personale dedicato alle operatività ecommerce. Si tratta di alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

La crisi Covid-19 ha prodotto uno shock combinato di domanda e offerta

Con l’allentamento delle restrizioni alla mobilità, i player del commercio  hanno poi introdotto nuove soluzioni tecnologiche in store contingenti all’emergenza, e top retailer e Pmi hanno lavorato per rafforzare l’offerta di metodi di pagamento innovativi e per digitalizzare l’esperienza fisica di acquisto. Anche in Italia, la crisi legata al Covid-19 e il susseguirsi dei decreti governativi hanno prodotto uno shock combinato di domanda e di offerta, e l’instabilità ha reso necessaria una fase di adeguamento e ridimensionamento dell’infrastruttura Retail, con ricadute, non solo nell’immediato, difficili da prevedere.

L’evoluzione digitale dei top retailer

L’88% dei 50 top retailer italiani ha consolidato l’infrastruttura logistica, con l’apertura di nuovi magazzini e l’uso dei punti vendita a supporto dell’online, il 77% ha messo in atto investimenti tecnologici, il 70% ha implementato cambiamenti organizzativi (ad esempio riconversione del personale di negozio a supporto delle attività online), e il 48% ha assunto nuovo personale dedicato alle operatività ecommerce. Ma c’è anche chi ha collaborato con attori esterni per velocizzare il servizio di consegna (42%) e per estendere la propria presenza online (36%). La chiusura dei negozi ha spinto poi a sperimentare nuove modalità di vendita e di dialogo con il consumatore, spesso basate sull’integrazione fra esperienze online e offline. Il 48% dei top retailer ha supportato i clienti tramite app di messaggistica e social network, il 42% ha utilizzato la videochiamata, e il 20% ha sperimentato le piattaforme di live stream shopping.

L’adozione di nuove tecnologie richiede una trasformazione strutturale

L’emergenza sanitaria ha profondamente modificato le modalità e le abitudini d’acquisto dei consumatori. Al Retail è richiesta, dunque, una trasformazione strutturale per recuperare efficienza su tutti i processi e trasferirla in attività ad alto valore aggiunto per i clienti. Il digitale, in tale contesto, può rappresentare un valido alleato. Può infatti supportare i retailer nella riprogettazione del punto vendita in chiave omnicanale e può garantire maggiore prossimità, fisica e funzionale, al consumatore. La centralità, recentemente acquisita, dal digitale richiede però la predisposizione dell’intera macchina organizzativa per gestire il cambiamento.

Arriva la pulsantiera touchless anti-contagio in ascensore

In tempi di pandemia, limitare la diffusione di agenti patogeni è una priorità, e le aziende stanno facendo la loro parte. Sta infatti arrivando sul mercato italiano Daphne PV, la soluzione touchless che permette di attivare i pulsanti dell’ascensore senza toccarli. Si tratta di un sistema basato sull’utilizzo di materiali fotovoltaici su supporti flessibili sviluppato da un ex ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Il punto di forza di questa tecnologia è di poter essere utilizzata su ascensori già esistenti a un basso costo, nell’ordine dei 100 euro, e senza bisogno di interventi tecnici complessi. Daphne PV è già stata testata su impianti in funzione in uffici pubblici e privati, ed è stata installata in un ascensore all’interno di Palazzo Mezzanotte a Milano. La soluzione sarà commercializzata nei primi mesi del 2021.

Una pellicola fotovoltaica intelligente

Daphne PV ha preso vita nei laboratori della Ribes Tech, start-up dell’Istituto Italiano di Tecnologia, guidata dall’ex ricercatore IIT, Antonio Iacchetti, ora ceo dell’azienda.  Ma com’è fatta? Si tratta di una pellicola fotovoltaica adattabile a qualsiasi forma, integrata con una scheda elettronica realizzata ad hoc, che applicata alla pulsantiera meccanica esistente la trasforma in touchless. Alle spalle dell’applicazione c’è la tecnologia che consente di stampare con tradizionali stampati rotative, ma con inchiostri speciali, ovvero circuiti elettronici su pellicole in grado di renderle “intelligenti”. Nel caso di Daphne, la pellicola “legge”, registrando la variazione di luce, l’ombra generata dal movimento della mano e attiva la selezione del comando scelto.

Basso costo e facilità di installazione

In pratica, per attivare Daphne basta aggiungere all’impianto pre-esistente la pellicola fotovoltaica e una scheda elettronica e i pulsanti dell’ascensore diventano touchless. “I punti di forza di questa tecnologia sono senza dubbio il basso costo, la facilità di installazione – spiega Antonio Iacchetti – e la conservazione della funzionalità meccanica dei pulsanti. Inoltre, in seguito all’installazione di Daphne non è necessaria alcuna ulteriore certificazione”. Il sistema ora è in fase di installazione presso la sede centrale di Genova dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Il frutto di un lavoro congiunto

Daphne PV è il frutto del lavoro congiunto di Ribes Tech (nata dall’unione delle competenze scientifiche dei ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e dall’esperienza nella stampa di Omet) e dell’azienda Iacchetti, esperta nella progettazione di elettronica embedded. A queste due realtà si è affiancato il produttore di ascensori Millepiani, che ha permesso di testare la soluzione su impianti reali, così si è riusciti a passare dall’idea progettuale alla realizzazione di un dimostratore funzionante e poi a un brevetto.

Stare all’aperto e senza telefonino è l’antidoto alla tristezza da lockdown

L’emergenza sanitaria non è ancora finita, e nonostante l’arrivo del vaccino siamo ancora lontani da una “vera” normalità. Difficile quindi non sentirsi tristi e temere di non riuscire a vedere la fine di questo difficile periodo. Ma come combattere la tristezza di questi lunghi mesi segnati da lockdown, zone rosse, libertà di spostamento comunque limitata, smart working, e tanto tempo trascorso fra le mura domestiche, sempre più connessi, ma sempre più soli? La risposta è semplice: trascorrere del tempo all’aperto, in particolare all’interno di spazi verdi, e spegnere i dispositivi, come tablet e telefonini.

Il livello di felicità è influenzato dal poter uscire e dal tempo passato davanti a uno schermo

È quanto emerge da una ricerca condotta congiuntamente dagli accademici della Anglia Ruskin University nel Regno Unito, della Karl Landsteiner University of Health Sciences in Austria e della Perdana University in Malaysia, pubblicata sul Journal of Happiness Studies. In particolare, il nuovo studio accademico ha esaminato il modo in cui i livelli di felicità durante i periodi di lockdown nazionali erano stati influenzati dal potersi trovare all’aperto, dalla quantità di tempo trascorso davanti a uno schermo, come TV, computer e smartphone, e dalla sensazione di solitudine correlata.

Una ricerca condotta ad aprile, quando era permesso lasciare la casa solo per alcune attività

In concreto, gli studiosi hanno misurato i livelli di felicità in un gruppo di 286 adulti austriaci tre volte al giorno, a intervalli casuali, per un periodo di 21 giorni. Ciò ha permesso ai partecipanti di fornire dati in tempo reale piuttosto che retrospettivamente. Va sottolineato che la ricerca è stata condotta nel mese di aprile 2020, quando ai partecipanti era permesso di lasciare le loro case solo per attività specifiche, che in quel periodo includevano l’esercizio fisico.

All’aperto ci si sente meno soli e si è meno infelici

Dalla ricerca è emerso quindi come i livelli di felicità fossero più alti all’aperto piuttosto che al chiuso. Inoltre, più tempo passato davanti a uno schermo e livelli più elevati di solitudine sono stati entrambi associati a un minor benessere complessivo. Anche l’impatto della solitudine sulla felicità è stato percepito più debole quando i partecipanti si trovavano all’aperto piuttosto che al chiuso, riporta una notizia della redazione Ansa. Il consiglio, quindi, è di approfittare della possibilità di svolgere attività motoria concessa durante le fasi di restrizioni, lasciando però a casa il telefonino.

Arriva il primo Osservatorio italiano sul rapporto tra uomo e tecnologia

OPPO Smart Studies è i nuovo Osservatorio tutto italiano sul modo in cui la tecnologia può migliorare la vita degli individui. Perché “comprendere e anticipare gli scenari odierni e futuri che stanno interessando la fase della nuova normalità è fondamentale”, afferma Li Ming, General Manager di OPPO AED Italia. Curato dal sociologo Francesco Morace, Presidente del Future Concept Lab, il progetto si divide in tre blocchi di ricerca, ognuno accompagnato da un podcast di approfondimento sul rapporto fra uomo e tecnologia in Italia. I podcast sono il frutto del contributo di persone ed esperti che ogni giorno grazie alla tecnologia riescono a vivere una vita migliore.

Trend e scenari per usi e consumi futuri

Il primo capitolo dell’Osservatorio è dedicato a trend e scenari che influenzeranno usi e consumi nei prossimi mesi, e a come tecnologia e smartphone saranno parte integrante di un nuovo approccio alla vita reale e digitale. Il secondo blocco o delineerà invece i micro trend emergenti generati dalla capacità autoriale del pubblico femminile delle diverse generazioni, oltre a proporre, mentre il terzo capitolo individuerà gli elementi attitudinali, le esperienze già acquisite, le fonti conoscitive dell’intelligenza artificiale e dell’internet delle cose e il loro contributo a migliorare la vita quotidiana. Durante l’attività di ricerca dedicata agli scenari futuri relativa al primo blocco sono stati individuati quattro trend, direzioni di pensiero e valori, che plasmeranno la società e il mercato del futuro, e verso cui il nuovo mondo del consumo dovrà rivolgersi per i prossimi anni.

Smartness by smartphone

All’interno dell’Osservatorio questi trend verranno interpretati e declinati tramite la tecnologia e il ruolo dello smartphone, attraverso la cosiddetta smartness by smartphone. Nell’ultimo decennio, infatti, abbiamo assistito a un vero e proprio rovesciamento valoriale, istituzionale, sociale, politico, accompagnato da una accelerata innovazione tecnologica e culminato con l’insorgere di Covid-19.

“La metamorfosi avvenuta nel recente periodo – afferma Morace – ha trasformato la relazione con l’intero sistema dei consumi, del commercio e dei servizi, determinando l’evoluzione dei valori e dei paradigmi sociali e facendo emergere con chiarezza l’esistenza di esperienze che non si possono comprare, come salute, convivialità, serietà, reputazione e affidabilità”.

Un nuovo valore: la prossimità digitale

Secondo Morace, “il cambiamento ha modificato anche il coinvolgimento delle persone nel consumo, con un deciso viraggio verso l’etica del prodotto e la ricerca di esperienze di eccellenza. L’affermazione del digitale durante la pandemia  – continua il sociologo – non ha provocato un crescente isolamento dei soggetti sociali e dei consumatori, al contrario, ha attivato un progressivo avvicinamento tra le persone, ridefinendo le regole stesse della prossimità che è diventata anche tecnologica”.

Ed è attraverso il nuovo valore della prossimità digitale che si rafforzano e si legittimano l’autenticità, la verità dei processi, la sostenibilità. “I dispositivi digitali – conferma Morace -permettono di toccare con mano i benefici e le applicazioni di questi valori”.

La casa dei single d’Italia, più digital e green

Anche le case dei single italiani sono sempre più smart, e come la maggioranza degli italiani anche loro sono sempre più attenti ai temi legati alla sostenibilità ambientale. Con l’emergenza sanitaria anche i single sono sempre più spinti a vivere la propria abitazione, ma chi vive da solo è più propenso a individuare eventuali migliorie per la propria casa, soprattutto quando si trasforma in un ambiente di lavoro.   I single in Italia corrispondono all’11% del campione selezionato da BVA Doxa per l’ultima edizione dell’osservatorio CasaDoxa 2020. Tra loro, il 54% sono uomini, mentre le donne sono il 46%.

Il 71% vive in appartamento

Il 71% dei single vive in appartamento, mentre il 29% in una villetta monofamiliare o in una casa a schiera. Nel 73% dei casi l’abitazione è di proprietà, e chi vive in affitto è il 22%, soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni. Nel complesso, i single italiani si ritengono soddisfatti della casa in cui vivono, che considerano soddisfacente soprattutto se dotata di un posto auto interno (68%), un garage coperto (63%), se è luminosa (57%) e ha spazi adeguati per vivere la propria privacy (56%). Tra le caratteristiche meno soddisfacenti, invece, la solidità (52%), le dimensioni (52%) e le caratteristiche del quartiere (52%).

Smart working e smart home

Per quanto riguarda lo smart working è realtà per il 23% dei single, soprattutto tra chi vive nel Nord Ovest. Rispetto agli spazi della propria abitazione da dedicare al lavoro, il 45% afferma di avere uno spazio o una stanza dedicata, mentre il 41% dichiara di non avere uno spazio fisso.  Il concetto di casa intelligente invece è conosciuto dalla grande maggioranza dei single, anche se prevale chi non resta aggiornato rispetto alle ultime novità (39%). Al contrario, i tech enthusiasts sono l’11%, soprattutto giovani tra i 18 e i 34 anni, mentre nella fascia di età tra i 35 e i 54 anni (26%) si dichiarano attratti dalle nuove tecnologie per la casa, e non vedono l’ora di averle nella propria abitazione.

Più sostenibili, connessi e sportivi

La sostenibilità ambientale è importante anche per i single, con un 52% che ammette di essere più attento ai vari aspetti legati a questo tema rispetto a tre anni fa. Quanto alla dieta mediale dei single, la metà (-13% rispetto al campione totale di CasaDoxa) possiede un servizio di TV on demand, soprattutto Prime Video (30%) e Netflix (20%). L’80% poi è iscritto a qualche piattaforma social, e il 91% ha un profilo Facebook. E lo sport? Quasi 7 single su 10 hanno svolto attività sportiva nell’ultimo anno, e il 51% lo ha fatto restando a casa. Le palestre, invece, sono frequentate almeno una volta al mese dal 34% dei single d’Italia.

Il mercato Cloud in Italia vale 3,34 miliardi, cresce l’adozione nelle Pmi

Nel 2020 il Cloud si è rivelato il miglior alleato per rispondere alla situazione di fragilità a cui la pandemia ha sottoposto il sistema economico e sociale italiano, raggiungendo i 3,35 miliardi di euro, per una crescita del +21%. È quanto emerge dalla decima edizione dell’Osservatorio Cloud Transformation, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

“Anche le Pmi più scettiche e meno digitalizzate hanno dovuto adeguarsi per non interrompere del tutto le attività – dichiara Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation – dinamica che si conferma in un’adozione più ampia, dopo anni di sostanziale stabilità”.

Il Public & Hybrid Cloud è protagonista della crescita

All’interno del mercato Cloud il Public & Hybrid Cloud, ovvero l’insieme dei servizi forniti da provider esterni e l’interconnessione tra Cloud pubblici e privati, si conferma protagonista della crescita, con un +30% e un valore complessivo che raggiunge i 2 miliardi di euro. Un’accelerazione nettamente più rapida rispetto alla media internazionale, che fa registrare un +8% per un mercato che vale 198 miliardi di dollari a livello globale. Anche il Virtual & Hosted Private Cloud registra una buona dinamica (+11%) arrivando a 732 milioni di euro, e i datacenter Automation, ovvero la modernizzazione delle infrastrutture on-premises, subisce un rallentamento rispetto al 2019, crescendo del +6% (583 milioni di euro).

La spesa per settore

In termini di spesa assoluta per settore merceologico, in conseguenza al periodo di lockdown e al blocco delle attività, rallenta leggermente la dinamica del settore Manifatturiero, che si conferma comunque primo nel mix di spesa, con il 24% del mercato complessivo. Seguono per dimensioni il settore Bancario (21%), Telco e Media (15%), i Servizi (10%), Utility (9%), PA e Sanità (8%), GDO e Retail (8%) e Assicurativo (5%). L’emergenza sanitaria ha generato un significativo aumento dell’adozione del Cloud nelle Pmi, che nel 2020 si attesta al 42% contro il 30% registrato nel 2019 e pressoché stabile negli anni precedenti. Il Cloud ha infatti rappresentato una risposta efficace al remote working, velocizzando la digitalizzazione dei processi e dei flussi collaborativi. 

Il Cloud nelle Pmi con l’emergenza sanitaria

Per oltre la metà delle Pmi che utilizzano il Cloud, quest’ultimo ha permesso di mantenere l’azienda operativa e la relazione con i clienti attiva. Questo si traduce in un’accresciuta consapevolezza: infatti, per il 43% delle Pmi che ne utilizzano servizi il Cloud rappresenta il modello di sourcing preferenziale per tutte le nuove iniziative, e per un ulteriore 18% addirittura una strada obbligata.

A fronte di questi segnali positivi, restano preoccupazioni legate alla sicurezza dei dati, all’inaffidabilità della rete, alla complessità di gestione e alla mancanza di competenze sul Cloud. Infatti, il 55% delle Pmi che utilizza il Cloud preferisce la gestione internalizzata delle tecnologie.