Influenza e raffreddore, italiani più colpiti di francesi e tedeschi

Malanni di stagione: gli italiano ne soffrono più di francesi e tedeschi. Il 94% degli italiani infatti si ammala di raffreddore e influenza ogni anno, e 4 persone su 5 si ammalano almeno due volte nell’arco dei 12 mesi. Molto più di francesi (81%), e tedeschi (82%), quindi. Ma la buona notizia è che i nostri connazionali guariscono prima. In media in Italia i giorni di malattia sono 4, mentre per i francesi sono 5 e per i tedeschi 5.5. Questo, stando ai risultati di una ricerca condotta da Ipsos per Vicks nel giugno 2016, su un campione statisticamente rappresentativo di 500 uomini e donne dai 16 ai 65 anni per ogni Paese considerato.

Non dormire di notte è la preoccupazione principale

Secondo la ricerca, in caso di raffreddore e influenza, non dormire di notte è la preoccupazione principale per gli italiani. Per il 60%, infatti, i due malanni compromettono la possibilità di dormire bene, con un impatto negativo sulle attività diurne, dal lavoro (45%) alla possibilità di godersi la giornata (33%), riporta Askanews. Non è solo questione di performance. Studi clinici evidenziano come il sonno possa avere un ruolo chiave nel rafforzare le difese immunitarie, aiutando a riprendersi più rapidamente da raffreddore e influenza. Una preoccupazione più che lecita, quindi, quella della mancanza di sonno, dal momento che se il 90% dei malati si sveglia di notte, per il 50% accade una o due volte, principalmente per via della tosse, del naso chiuso o che cola, e del mal di gola.

Il mal di gola è il sintomo più fastidioso

Sia italiani sia francesi sono molto preoccupati anche dall’impatto negativo che raffreddore e influenza possono avere sul sonno, rispettivamente per il 60% e per il 63%, mentre per i tedeschi viene al secondo posto (50%), dopo il lavoro (55%). In particolare, il 97% dei francesi si sveglia a causa di questi malanni, e il 58% almeno un paio di volte a notte. Anche il 52% dei tedeschi si sveglia per una o due volte. Percentuali in linea con quelle degli italiani. I sintomi, poi, raramente si presentano da soli. Circa 2 italiani su 3 dichiarano di soffrire di più di 1 sintomo contemporaneamente, con mal di gola (17%), tosse (16%) e naso che cola (15%), indicati tra i più fastidiosi. Per i francesi è soprattutto quest’ultimo (18%) a infastidire, mentre per i tedeschi è la congestione nasale (24%).

Curarsi con i farmaci da banco

Nel modo di affrontare la giornata in caso di malattia c’è molta differenza tra italiani, francesi e tedeschi. Il 55% degli intervistati in Italia non va al lavoro a causa del raffreddore per in media 2.2 giorni, mentre il 65% dei tedeschi rimane a casa per in media 3.8 giorni. Molto più virtuosi i francesi, con il 37% che non va a lavoro solo per 1.4 giorni. Circa la metà degli italiani e dei tedeschi, poi, per curarsi sceglie farmaci da banco (50% e 55%), seguiti dal 42% dei francesi.

Nel 2020 i buoni pasto saranno più cari

Approvata lo scorso 24 dicembre, la manovra contenuta nella Legge di Bilancio 2020 favorisce la digitalizzazione e tracciabilità del ticket, per evitare abusi e facilitare i controlli, ma rende i buoni pasto più cari per i dipendenti. Dal primo gennaio 2020 la quota del buono pasto che non concorre alla formazione del reddito da lavoro scende da 5.29 euro a 4 euro. Significa quindi 284 euro di reddito in più all’anno su cui calcolare Irpef, addizionali, e maggiori contributi Inps, considerando una media di 20 buoni incassati al mese per undici mesi di lavoro, ferie escluse.

Il 40% del mercato potrebbe ridursi di un quarto del valore

Le stime di Anseb, l’Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto, valutano che il 60% del mercato dei buoni pasto sia già digitalizzato. Quindi c’è la possibilità teorica che il 40% del mercato, a oggi stimato in circa 3 miliardi di euro, tanto è il valore dei buoni pasto emessi ogni anno, finisca per ridursi di un quarto del valore. Ne deriverebbe un calo del 10% del fatturato complessivo del settore. Per questo motivo la “stretta” si accompagna a un contestuale incentivo per i buoni elettronici, il cui valore esentasse sale da 7 a 8 euro, apportando un beneficio fiscale, ovvero meno tasse per i lavoratori, da 18 milioni di euro. Ecco dunque che alla fine il gettito per lo Stato, certificato dalla relazione tecnica alla manovra, arriva a 56 milioni all’anno (74 milioni al netto dei 18), dice Italpress.

Novità per le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro

La nuova disposizione riscrive l’articolo 51 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), comma 2, prevedendo che l’importo delle somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro è aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica. Le novità riguardano le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, e le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica.

Obiettivo favorire la digitalizzazione dei pagamenti per contrastare l’evasione fiscale

Per le aziende l’Iva al 4% sui ticket restaurant è integralmente detraibile. I titolari d’azienda e soci, e le aziende individuali, possono detrarre integralmente l’Iva sui buoni pasto elettronici al 10%, fino al massimo importo pari al 2% del fatturato, percentuale che comprende anche altri tipi di spese come l’albergo, la trasferta e così via. Per i buoni pasto cartacei, oltre alla ridotta soglia di esenzione, non è prevista nessuna detrazione Iva per le aziende che utilizzano il servizio dei ticket cartacei. L’obiettivo è, come nel caso del denaro contante, favorire la digitalizzazione dei pagamenti rendendoli tracciabili per contrastare l’evasione fiscale.

Lo stipendio “emozionale” della flessibilità oraria

Un orario flessibile a volte viene valorizzato più della retribuzione, diventando un vero e proprio stipendio “emozionale” per chi lavora. Le condizioni create da un modello che consente orari flessibili e maggiore libertà da parte del lavoratore assicurano un beneficio sia per i lavoratori stessi sia per l’azienda.

Attualmente la conciliazione familiare e la flessibilità oraria sono temi molto presenti negli uffici delle Risorse Umane, o HR, presenti all’interno delle organizzazioni. E se i lavoratori, e la stessa società di oggi esigono il raggiungimento di queste condizioni, le aziende devono saper rispondere a questa richiesta.

Organizzarsi in funzione degli obiettivi piuttosto che dell’orario

Sebbene in alcuni casi sia impossibile offrire queste condizioni, ad esempio quando si deve rispettare un programma aziendale, esistono poche limitazioni per poterle implementare. La misura, ovviamente, deve essere presa a seguito di un’indagine interna, in modo che si possa optare per la variante più efficace. L’orario, ad esempio, può essere totalmente flessibile, o libero, così che il lavoratore si possa organizzare in funzione degli obiettivi piuttosto che dell’orario.Generalmente il rifiuto verso questo tipo di organizzazione deriva dalla difficoltà di supervisione e gestione da parte delle imprese, finora basate su modelli opposti. Il progresso tecnologico però oggi offre gli strumenti adatti a far funzionare questa misura.

Conciliare lavoro e vita familiare

Sicuramente la ragione principale per cui vengono richieste queste condizioni è il poter conciliare lavoro e vita familiare. I lavoratori delle imprese con questo tipo di giornata lavorativa raggiungono un miglior equilibrio nella vita familiare. Chi ha tempo di assistere agli impegni della vita privata sarà un lavoratore molto più stabile e motivato. Ma a questo sistema viene associato anche un significativo risparmio nella vita domestica. Specialmente per i genitori, che non devono pagare le prestazioni di terzi per prendersi cura dei figli durante le ore di assenza. Inoltre, un lavoratore con la capacità di decidere quando essere presente in ufficio rimane più concentrato e motivato nei momenti in cui si dedica al lavoro. Con un relativo impatto diretto su produttività e qualità nello svolgimento delle mansioni.

Un’arma infallibile per agevolare l’attrazione di nuovo personale

In generale, le persone dovrebbero avere la flessibilità di cui hanno bisogno per superare gli ostacoli e gestire lo stress della vita quotidiana. Ma questa misura risulta un’arma infallibile anche per agevolare l’attrazione di nuovo personale da parte dell’azienda, poiché genera una migliore percezione dell’azienda stessa.

E per le imprese piccole e giovani questa è una buona forma per competere con altre realtà più conosciute e stabili.

Scuola, dato a sorpresa: più abbandoni nelle grandi città che in quelle piccole

Segnali poco positivi per quanto riguarda l’affezione alla scuola in Italia. Infatti, dopo aver visto a partire dagli anni 2000 un netto calo del fenomeno dell’abbandono scolastico, nell’ultimo triennio sembra che le cose siano cambiate, e in peggio. Ancora oggi, nel 2019, nel nostro paese un ragazzo su 7 lascia gli studi senza raggiungere il diploma o una qualifica professionale. E la tendenza nazionale a lasciare i banchi di scuola, riferisce un’indagine di Openpolis, pare essere più accentuata proprio nelle grandi città. Un dato che sorprende, anche perché fino al 2014 si registravano più abbandoni scolastici nelle città medie e nelle zone rurali; le grandi città erano l’unica area del paese che riusciva a contenere il fenomeno sotto la soglia del 15%. Quattro anni dopo, spiega l’analisi, il dato si è invertito: le grandi città sono in testa in merito alla quota di abbandoni (15,3%). Ma anche nelle zone rurali non va meglio: tra 2017 e 2018 l’abbandono precoce dal corso di studi è cresciuto di 1,4 punti percentuali in soli 12 mesi. L’informazione più omogenea di cui si dispone per confrontare l’abbandono nelle grandi città è l’indicatore di “uscita precoce dai percorsi di istruzione e formazione”. Un’informazione rilevata al censimento 2011, calcolando la quota di ragazzi tra 15 e 24 anni con licenza media, ma che non frequentano né un corso regolare di studi, né la formazione professionale. 

Catania la città dai banchi vuoti

Esaminando le maggiori città italiane, quella in cui l’abbandono scolastico incide di più è Catania: il 31,1% dei residenti tra 15 e 24 anni aveva lasciato la scuola dopo la licenza media. Da notare come anche i dati comunali confermino la dinamica nord-sud: ai primi posti per abbandoni scolastici si trovano tutti i grandi capoluoghi del mezzogiorno: Napoli (seconda, 28,1%), Palermo (terza, 25,8%), Messina (quarta, 21,9%). L’unica meridionale sotto la soglia di un abbandono precoce ogni 5 ragazzi è Bari, al quinto posto con il 17,4%.
Allo stesso tempo emerge come al di sotto del 10% nel 2011 si trovassero due città venete (Padova e Verona) e la Capitale, Roma. Padova, con il 7,5%, era quella con minore abbandono secondo quanto rilevato al censimento.

Abbandono maggiore all’estremo Sud

Anche se i dati sono “costruiti” basandosi sul censimento del 2011, e quindi non aggiornatissimi, emergono due fenomeni costanti. In primo luogo, non va sottovalutata la frattura tra le realtà più urbanizzate e quelle rurali, soprattutto in termini di opportunità educative e di accesso sostanziale all’istruzione. In secondo luogo, emerge come già al censimento 2011 le grandi aree urbane del sud spiccassero per abbandoni, con livelli non troppo distanti da quelli dei comuni a bassa urbanizzazione. Un fenomeno che, alla luce dei dati aggregati, potrebbe essersi addirittura approfondito.

Il Prime Day 2019 supera il Black Friday e il Cyber Monday

Il Prime Day del 15 e 16 luglio scorsi è stato il più grande evento di shopping globale nella storia di Amazon. Con oltre un milione di offerte disponibili in tutto il mondo, in esclusiva per i clienti Prime, durante il Prime Day 2019 le vendite su Amazon hanno superato quelle registrate lo scorso Black Friday e il Cyber Monday messi insieme. Nel corso della due giorni sono stati comprati più di 175 milioni di prodotti in offerta. Quelli più acquistati? Il caffè espresso Nescafé Dolce Gusto Barista, il detersivo per lavatrice Dash 117 Pods 3in1 e il carica batterie portatile aukey Powerbank.

Il doppio di acquisti rispetto a cinque anni fa

“I clienti di tutto il mondo hanno acquistato milioni di dispositivi con integrazione Alexa – ha dichiarato Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon – hanno risparmiato decine di milioni di dollari acquistando prodotti nei supermercati Whole Foods e hanno acquistato prodotti per oltre 2 miliardi di dollari dalle piccole e medie imprese”.

Inoltre, i clienti Prime di 18 paesi hanno acquistato il doppio rispetto al primo Prime Day di cinque anni fa. E a livello globale sono stati spediti milioni di prodotti ancora più velocemente, grazie alle opzioni Consegna in un giorno senza costi aggiuntivi, Consegna Oggi senza costi aggiuntivi o Prime Now.

In Italia risparmiati oltre 25 milioni di euro

Il 15 luglio Amazon ha dato il benvenuto a un maggior numero di nuovi clienti Prime rispetto a qualsiasi altro giorno precedente, e quasi altrettanti il 16 luglio, rendendo questi due giorni i più importanti di sempre per numero di nuove iscrizioni. In Italia i clienti Prime hanno usufruito di migliaia di offerte locali in diverse categorie, come dispositivi, tè, caffè e bevande e prodotti per la cura della casa, e hanno risparmiato oltre 25 milioni di euro.

Le categorie in cui hanno effettuato maggiori acquisti sono hardware di informatica, tè, caffè e bevande e prodotti per la cura della casa, accessori per cellulari, arredamento e fai da te

Pmi, 2 miliardi di dollari di vendite globali

Il Prime Day 2019 ha rappresentato anche un successo per i partner commerciali, per lo più piccole e medie imprese. I prodotti di queste aziende aumentano la varietà e la selezione su Amazon e contribuiscono ad ampliare l’offerta in tutto il mondo.

A livello globale, queste aziende hanno generato 2 miliardi di dollari di vendite durante il Prime Day, rendendolo il più grande evento di shopping di Amazon non solo per i clienti, ma anche per i partner commerciali giorni.

I 10 lavori più affascinanti di febbraio

A chi è stanco del tradizionale lavoro d’ufficio non manca la scelta. Indeed, la piattaforma di offerte e ricerche di lavoro, ha analizzato il proprio database di annunci, e ha individuato i 10  lavori più affascinanti del mese di febbraio. Tutti accomunati dalla specificità delle competenze o delle caratteristiche richieste. A cominciare dall’insegnante di manga, il celebre fumetto di origine giapponese, caratterizzato da vicende avventurose d’ambientazione fantastica e da un disegno essenziale. Un annuncio aperto in Veneto a tutti gli appassionati disegnatori di fumetti.

Promotore di ciclovia, guida speleologa e orologiaio

Chi l’ha detto che ingegneria, sport e turismo siano mondi distanti tra loro? A Iglesias, in Sardegna, è aperta una ricerca per un appassionato di escursioni sulle due ruote che sappia sviluppare e promuovere una ciclovia. La conoscenza dei cammini storico religiosi è considerata un plus. Per gli amanti della speleologia, delle lingue straniere e dell’avventura in provincia di Udine è invece aperto il recruitment per selezionare le guide che accompagneranno i turisti nella Grotta Nuova di Villanova, la più estesa cavità di contatto tra due diversi tipi di rocce visitabile in Europa. Più a Sud, in Sicilia, un’azienda è alla ricerca di orologiai esperti, in grado di ripristinare orologi sia meccanici sia elettronici.

Bartender, pilota collaudatore, autista soccorritore di ambulanza

Cercasi conoscitore dei vini più pregiati e dei cocktail più in voga. Dove? In un resort sul lago di Como. In questo caso più che la professione, il bartender, è la location a fare la differenza. Ma esiste una posizione aperta anche per gli amanti dell’adrenalina e delle quattro ruote. Su Indeed si crecano infatti esperti per test drive dinamici, sia come conducente sia come passeggero, su strada o su pista. Tra i requisiti fondamentali, aver frequentato corsi di guida sicura. E avere nervi saldi e capacità di mantenere alta l’attenzione anche quando si è sotto pressione. In pratica, gli stessi requisiti chiave per diventare autista per il servizio di trasporto sanitario con ambulanza. Dove? Al Policlinico di Abano Terme.

Houdini artist, ascoltatore madrelingua coreano, barbiere

Non esiste biglietto da visita più affascinante di quello di un Houdini artist, un’illusionista dei tempi moderni, ma anche un’artista del tech. Una società di Milano cerca infatti un mago della programmazione e della creatività che riesca a dare vita ai visual effect più affascinanti. Fondamentale, in questo caso, la conoscenza dei programmi HoudiniFX e Python.

Meno fantasioso, ma non meno interessante, il ruolo di ascoltatore madrelingua per il coreano. La sede di lavoro è in provincia di Milano, e la società specializzata nella traduzione e produzione di audio per ogni tipo di media digitale che lo ricerca richiede la conoscenza della lingua coreana e di quella italiana.

È poi aperto il recruitment di un barbiere esperto per un salone di Sesto Fiorentino. Adatto a chi cerca un lavoro in cui ci si debba prendere cura degli altri, per fare il barbiere sono richieste creatività, passione per l’estetica. E naturalmente, mano ferma.

E’ sempre più smartPos-mania

Classiche carte di credito e “soliti” bancomat addio? Pare proprio di sì. Anche nel mondo dei pagamenti la tecnologia si evolve a favore di nuove soluzioni tecnologiche sempre più smart ed efficienti, sia per l’esercente sia per il cliente. E’ infatti sempre più diffuso il pagamento in forma digitale tramite smartphone e contactless card al posto dei vecchi pos: lo confermano i dati dell’Osservatorio Mobile Payment del Politecnico di Milano. Lo scorso anno il valore delle transazioni effettuate con carta ha raggiunto quota 220 miliardi di euro. E di queste transazioni, il 21% sono state effettuate tramite eCommerce, ePayment, mobile payment, contactless payment, mobile pos. Si tratta di un fenomeno in crescita del 6% rispetto al 2016, guidato in particolari modo da pagamenti con carte contactless (+150%) e mobile (+60%).

La rivoluzione parte dalla novità NexiSmartpos

Tra le principali novità dell’ultimo periodo spicca Nexi Smartpos. Non si tratta di un semplice pos, ma tanto di più: si caratterizza per design innovativo, doppio schermo touch (per cliente e per esercente); accettazione di tutti i pagamenti digitali carte tradizionali, contactless, smartphone, buoni pasto e QRcode. Ed è uno strumento altamente personalizzabile, con app scaricabili per le diverse esigente dell’esercente. Funziona con i pagamenti contactless di ultima generazione come Apple Pay, Samsung Pay e Google Pay e garantisce una ‘rivoluzione di servizi’ per l’esercente: schermo touch 7 pollici per una migliore esperienza di utilizzo e con la possibilità dell’archiviazione digitale delle ricevute di pagamento, rintracciabile poi nella lista delle transazioni. E ancora fotocamera per lettura QR Code, unico lettore carta ‘multi reader’, porte Usb per collegare dispositivi esterni e wi-fi e 4g per la velocità massima delle transazioni. Nexi Smartpos permette all’esercente di gestire automaticamente promozioni, sconti od omaggi.

Tanti device di ultima generazione per pagamenti smart

Nel panorama degli strumenti innovativi dei pagamenti ci sono diverse altre novità. Come Pos Axerve di Banca Sella, che essendo portatile consente di accettare pagamenti ovunque l’esercente si trovi. E il device è abilitato anche a dialogare con Apple Pay e Samsung Pay. Axerve dà la possibilità all’esercente di vedersi notificato ogni mese il totale delle transazioni effettuate dal POS. Altro device nuovo è Axium D7, che è il nuovo Smart-Pos di Ingenico, basato sulla tecnologia Android: permette di eseguire, su un unico device ,i servizi correlati al business del negozio, i Vas (value added services) e i pagamenti cashless in qualsiasi modalità (carta, NFC, wallet, APM).

Milano sarà tutta Area B: da gennaio 2019 stop ai veicoli inquinanti

Milano introduce l’Area B zona a traffico limitato e a basse emissioni inquinanti vasta quasi quanto i confini della città, ovvero il 72 per cento dell’intero territorio comunale. Lo ha deliberato la giunta cittadina e il provvedimento sarà attivo dal 21 gennaio 2019: l’ingresso sarà vietato ai veicoli benzina euro 0 e diesel euro 0, 1, 2, 3 e progressivamente, per passaggi successivi fino al 2030, a tutti i veicoli diesel. È stato approvato anche un pacchetto da sette milioni di euro di incentivi destinati alle imprese per l’acquisto di veicoli ibridi, elettrici, a metano, benzina/metano, GPL, benzina/GPL, benzina euro 6.

Emissioni subito in calo

Come riporta l’agenzia Askanews, il Comune di Milano stima che l’Area B, già nel periodo tra il 2019 e il 2026, consentirà di ridurre le emissioni atmosferiche da traffico complessivamente di circa 25 tonnellate di Pm10 allo scarico e di 900-1.500 tonnellate di ossidi di azoto. In particolare, ci sarà un drastico calo di emissioni di Pm10 praticamente da subito: meno 14 per cento di emissioni nel 2019; meno 24 per cento nel 2020, meno 21 per cento nel 2021. Nei primi quattro anni le emissioni di Pm10 si ridurranno della metà ovvero di 15 tonnellate. Riduzioni misurabili anche sul NoX: l’accelerazione avverrà tra il 2023 e il 2026 con un calo dell’11 per cento ogni anno. Tra il 2019 e il 2022 la diminuzione prevista sarà del 4-5 per cento all’anno.

Seconda tappa il 1 ottobre 2019

Il secondo passo di Area B partirà poi il 1° ottobre 2019, quando diventerà attivo lo stop ai diesel euro 4, già proibiti dal 2017 in Area C. Seguiranno altri divieti progressivi per classi di veicoli immatricolati persona e merci. Per controllare l’Area B ci saranno 186 telecamere installate in altrettanti varchi lungo il perimetro della città. Le prime saranno accese a gennaio e poi via via le altre fino ad arrivare a un totale presidio del territorio. L’area soggetta a restrizioni comprende quasi 1.400.000 abitanti (il 97,6 per cento della popolazione residente) e il divieto di accesso per le categorie di veicoli inquinanti sarà dal lunedì al venerdì, dalle ore 7:30 alle ore 19:30, esclusi i festivi, lo stesso orario di Area C.

Migliorare la qualità della vita di Milano

“Vogliamo migliorare la qualità della vita a Milano. L’aria che respiriamo è fondamentale. Le polveri sottili nocive per la salute sono già in calo da alcuni anni, ma vogliamo abbatterle drasticamente. Per questo abbiamo costruito un sistema efficace di regole e lo abbiamo chiamato Area B come il blu, il colore con cui si disegna l’aria pulita. Il sistema comprende anche soldi immediatamente disponibili alle imprese, per incentivare il ricambio del parco auto senza penalizzare le attività, e di deroghe, per consentire a tutti il passaggio a classi di veicoli che inquinano meno. Siamo certi che le famiglie siano pronte a questo cambiamento” ha spiegato l’iniziativa Marco Granelli, assessore alla Mobilità e Ambiente.

Fattura elettronica generalizzata, arriva il via libera dell’Ue

L’Ue ha dato il via libera all’introduzione della fatturazione elettronica generalizzata. Come si legge sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 19 aprile, “l’Italia è stata autorizzata a introdurre la ‘misura speciale di deroga’ agli articoli 218 e 232 della direttiva 2006/112/Ce relativa al sistema comune dell’Iva”. Lo stabilisce la Decisione di esecuzione 2018/593 del Consiglio del 16 aprile 2018.  In questo modo, afferma l’Agenzia delle Entrate, ” ricevono ‘copertura europea’ le disposizioni recentemente previste dalla legge di bilancio 2018 che stabiliscono, a partire dal 1° gennaio 2019, l’obbligo della fatturazione elettronica obbligatoria tra privati (articolo 1, comma 909 e seguenti, legge 205/2017)”.

Cosa dice la legge e chi ne è esonerato

“Dal 1° gennaio 2019 è abrogato l’obbligo della comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute (spesometro); sono esonerati dall’obbligo della fatturazione elettronica coloro che applicano il regime forfetario (cfr articolo 1, commi da 54 a 89, legge 190/2014) o il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (cfr articolo 27, commi 1 e 2, Dl 98/2011)” afferma la legge. Ancora, “per l’omissione della fattura elettronica tra privati si applica la sanzione amministrativa prevista in caso di violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione e individuazione delle operazioni soggette a Iva (dal 90 al 180% dell’imposta, con un minimo di 500 euro ovvero in misura fissa, da 250 a 2mila euro, se la violazione non incide sulla corretta liquidazione del tributo)”.

Per qualcuno fatturazione elettronica già a luglio 2018

Come riporta Fisco Oggi, la rivista dell’Agenzia delle Entrate, “si stabilisce che l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria è anticipata al 1° luglio 2018 per le fatture relative: alle cessioni di benzina o di gasolio destinati a essere utilizzati come carburanti per motori; alle prestazioni rese da soggetti subappaltatori e subcontraenti della filiera delle imprese, nel quadro di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture stipulato con una pubblica amministrazione”. Con la decisione del Consiglio Ue 2018/593, tali disposizioni della legge di bilancio – “che introducono nell’ordinamento tributario italiano la ‘misura speciale’ dell’obbligo generalizzato della fatturazione elettronica – ricevono la copertura del diritto unionale”.

I tempi del processo

“L’autorizzazione ha effetto dal 1° luglio 2018 al 31 dicembre 2021. Tuttavia, qualora lo ritenesse necessario, l’Italia potrà comunque chiedere una proroga della deroga, estendendone quindi l’efficacia temporale” spiega ancora Fisco Oggi. In merito alla deroga già concessa al nostro Paese, secondo la Cna, “è evidente che per le imprese la fatturazione elettronica obbligatoria costringe a sostenere nuovi costi e a mettere in atto sforzi organizzativi ingenti che non possono rischiare di essere vanificati dopo tre anni”. Per questo è necessario un “semestre di sperimentazione nel quale dovrà essere consentito il doppio regime di fatturazione, su carta e digitale”.

Le misure previste per l’Italia

Per quanto riguarda l’Italia, l’Ue concede “una deroga alla direttiva sull’Iva autorizzando la fatturazione elettronica obbligatoria dal primo luglio 2018 al 31 dicembre 2021”, stabilendo l’autorizzazione temporanea “la cui eventuale proroga sarà subordinata a tre condizioni: che sia stato efficace il contrasto all’evasione Iva; che si sia ottenuta una semplificazione nella riscossione delle imposte; che il tutto non abbia comportato nessun aumento degli oneri amministrativi sulle imprese”.

Backup, questo sconosciuto… Uno su tre non lo fa mai

Nonostante la vita di ognuno di noi sia legata a doppio filo alla tecnologia, con tutti i nostri dati conservati in vari dispositivi, siamo ancora troppo poco attenti al backup. E questo nonostante si sia già incappati in guai seri: il 29% ha già perso almeno una volta i propri dati, eppure il 33% – cioè una persona su tre – non ha mai eseguito un backup dei propri file.

La ricerca per il World backup day

Partendo dal presupposto che ben il 39% degli invidui possiede in famiglia almeno quattro device – tra computer, smartphone, tablet – la società di sicurezza informatica Acronis ha voluto sottolineare quanto poco siamo attenti alla protezione dei nostri dati, realizzando una ricerca ad hoc per il World backup day che ricorre ogni anno il 31 marzo.

Backup, cosa sei?

Effettuare un backup è un’operazione semplice, ma che può essere considerata “salvavita”.  Nella pratica si tratta di effettuare una seconda copia dei propri file – dalle fotografie e dai video alle email e ai documenti – in modo da non rischiare di perderli nel caso in cui il computer o il telefono in cui sono memorizzati si rompa, sia smarrito o rubato. O, nel caso peggiore, che qualche malintenzionato possa hackerare i  dati e pretendere un riscatto per “liberarli”. La giornata mondiale si celebra dal 2011 per rendere le persone consapevoli dell’importanza di fare un backup, sia esso su una memoria Usb, un hard disk oppure online, attraverso un servizio cloud.

Il 2018 sarà l’anno nero per i cyberattacchi

D’altronde, il pericolo è sempre più vicino e le minacce informatiche in costante aumento. Il 2018 – avverte Acronis – “sarà l’anno peggiore per i cyber-attacchi e per gli incidenti che comportano perdite di dati”. E questo a causa di minacce sempre più sofisticate e frequenti, a partire dal ransomware. Il ransomware è un vero e proprio sequestro, anche se virtuale: gli hacker infettano computer e smartphone, ne bloccano l’accesso o criptano i contenuti che vi sono memorizzati, lasciando i dispositivi nelle mani dei proprietari ma rendendoli di fatto inservibili. Se si vuole ritornare in possesso dei prropri file, bisogna pagare un riscatto, e anche in tempi stretti. Secondo Cybersecurity Ventures, i danni causati dal ransomware alle aziende sono passati dai 325 milioni di dollari nel 2015 a 5 miliardi nel 2017, e raggiungeranno gli 11,5 miliardi nel 2019. Stando alle previsioni, l’anno prossimo ci sarà un cyberattacco ogni 14 secondi. E le vittime potremmo essere proprio noi.