L’occupazione in Italia, uno studio di Eurispes

Tra il 2010 e il 2020 in Italia sono stati creati 376,91mila nuovi posti di lavoro (+1,67%): un aumento dell’occupazione che però non è stato omogeneo all’interno del Paese. Se infatti il Mezzogiorno ha visto una diminuzione di 105,28mila posti di lavoro (-1,71%) il Centro ha aumentato gli occupati di 168,59mila unità, e il Nord di 313,60mila. Inoltre, se a partire dal 2013 in tutto il Paese si è riscontrata una crescita costante, interrotta nel 2020 a causa dell’emergenza da Covid-19, nel Mezzogiorno tale crescita non è riuscita a compensare il brusco calo avvenuto tra il 2013 e il 2014. Si tratta di alcuni risultati emersi da uno studio Eurispes sull’andamento temporale e territoriale dei dati sull’occupazione.

L’analisi a livello territoriale dal 2010 al 2020

Se si esaminano le dinamiche occupazionali nelle singole regioni emerge un quadro più variegato rispetto alla classica dicotomia Nord-Sud. In base alle caratteristiche dell’andamento temporale degli occupati, si possono catalogare le regioni in 5 gruppi, che risultano essere eterogenei rispetto alla collocazione geografica. Il primo gruppo è quello delle regioni più virtuose, che hanno avuto una crescita costante e lineare per tutto il periodo d’osservazione. Il gruppo è composto da Lombardia, dove i posti di lavoro sono aumentati di 226,78mila (+5,43%), Lazio (+143,11mila posti, +6,52%), Trentino-Alto Adige (+24,77 mila occupati +5,33%), ed Emilia- Romagna (+83,27mila unità, +4,37%).

Il Friuli-Venezia Giulia è l’unica regione che non ha visto un calo nel 2020

Nel secondo gruppo ci sono altre regioni che hanno visto un aumento nei posti di lavoro, ma che, a differenza delle prime, hanno iniziato la crescita solo tra il 2013 e il 2015. Sono quindi regioni in espansione, ma meno resilienti rispetto al primo gruppo. Ne fanno parte Toscana (+45,8mila, +2,98%), Veneto (+32,95mila posti, +1,58%), e Friuli-Venezia Giulia (+9,80mila, +1,94%), l’unica regione che non ha visto un calo nell’anno della pandemia. Nel terzo gruppo invece, rientrano le regioni che hanno dimostrato di essere resilienti senza mostrare capacità di crescita, riuscendo a tornare ai livelli precedenti la crisi, ma senza un significativo aumento dei posti di lavoro. Si tratta di Basilicata, Campania, Umbria e Abruzzo.

In Sicilia i livelli occupazionali sono diminuiti in termini assoluti e relativi

Il quarto gruppo riunisce le regioni che non sono state in grado di recuperare i livelli occupazionali precedenti la crisi economica. Sono quindi regioni che rispetto al 2010 hanno perso posti di lavoro piuttosto che crearli, come Puglia (-0,05%), Molise (-0,72%), Sardegna (-3,66%), Piemonte (-2,13%), Marche (-3,22%) e Calabria (-6,14%). Nell’ultimo gruppo ci sono poi le regioni il cui livello occupazionale è rimasto vicino a quello della crisi dei debiti sovrani. Appartengono a questo gruppo le regioni che hanno perso il maggior numero di posti di lavoro negli ultimi 10 anni: Liguria (-3,65%), Valle d’Aosta (-4,56%), e Sicilia, la regione dove i livelli occupazionali sono diminuiti più significativamente, sia in termini assoluti sia in termini relativi (-6,47%).