Effetto Covid anche sull’uso del contante. Il 43% degli italiani non lo utilizza più

I mesi di lockdown durante la fase più acuta di emergenza da Covid-19 hanno costretto molte persone a cambiare significativamente il modo di vivere, lavorare e comunicare. Questo ha inevitabilmente influenzato anche le modalità con cui le persone effettuano i pagamenti. E non solo di beni e servizi, ma anche il modo di inviare denaro ad amici e parenti. Secondo la ricerca Lost in Transaction di Paysafe, piattaforma nel settore dei pagamenti digitali, quasi un terzo (27%) dei consumatori italiani ha dichiarato di aver trasferito online denaro ad amici o parenti una o due volte durante il primo mese di lockdown. E quasi la metà sostiene che farà più acquisti online nel futuro, anche quando l’emergenza sarà finita completamente.

Ridurre la gestione dei contanti a causa della crisi sanitaria

Secondo la ricerca di di Paysafe, un ulteriore 15% degli italiani ha effettuato più di due trasferimenti nello periodo del lockdown, con l’1% che è arrivato a eseguire questa operazione almeno 11 volte. Tuttavia, per i trasferimenti di denaro non sono stati utilizzati mezzi fisici, ovvero, denaro contante. Il 43% delle persone intervistate, scrive Agi, ha affermato infatti di aver ridotto la gestione dei contanti proprio a causa della crisi sanitaria.

Trasferimenti di denaro online, più rapidi, efficaci e convenienti

Di fatto, il trasferimento di denaro online e la gestione dei servizi di portafoglio digital stanno diventando il canale privilegiato dai consumatori. Anche perché, a causa delle restrizioni globali nella circolazione, la necessità di trasferimenti di denaro a livello internazionale è destinata ad aumentare. Il sondaggio mostra poi come il 31% degli intervistati in Italia abbia utilizzato i portafogli digitali da quando è iniziato il lockdown. Le motivazioni? Secondo la ricerca risulta il modo più rapido, efficace e conveniente di trasferire denaro all’estero.

Più acquisti online per quasi la metà degli italiani

A fronte di chi ha scelto di usare il canale digitale per le transazioni solo un 11% di italiani ha dichiarato che avrebbe utilizzato un metodo di pagamento fisico per inviare denaro all’estero durante la pandemia. La ricerca di Paysafe ha evidenziato quindi come il Covid-19 abbia stimolato un cambiamento digitale anche nel modo in cui i consumatori acquistano e pagano. Ma indietro non si torna, e il 44% degli italiani ha affermato che ridurrà l’utilizzo di contanti anche in futuro, mentre quasi la metà (46%) degli intervistati ha confermato che effettuerà più acquisti online rispetto al pre Covid. Quindi, anche quando i lockdown saranno stati completamente revocati.

Italia leader per green jobs, Milano nella top 10 mondiale

Milano non è solo la capitale italiana della moda e del design ma, forse un po’ a sorpresa, lo è anche per quanto riguarda i cosiddetti green jobs, ovvero tutte le professioni legate alla sostenibilità. Un bel primato per il capoluogo lombardo, che si piazza al settimo posto nella Top 10 mondiale delle città con la più alta concentrazione di lavoratori nell’ambito della sostenibilità. Lo rilevano i nuovi dati di LinkedIn secondo i quali il numero di professionisti nel campo della sostenibilità aumenta anche in Europa con un +13% nell’ultimo anno, registrando un incremento maggiore della media globale del 7,5%. E anche la domanda di green jobs è cresciuta, con un aumento dei posti di lavoro legati alla sostenibilità in Europa pari al 49%.

L’analisi effettuata monitorando gli annunci di lavoro

Per arrivare a questi dati, LinkedIn – il principale social network professionale globale – ha analizzato il numero di annunci di lavoro legati alla sostenibilità sulla sua piattaforma, nonché i membri che hanno incluso in qualche modo la parola sostenibilità nella descrizione del loro ruolo aziendale. Da questa analisi sono emerse così le capitali delle professioni sostenibili, ovvero quelle con la più alta concentrazione di richieste e offerte di specialisti di questo specifico settore. Le 10 città più votate ai green jobs sono pertanto, nell’ordine: Stoccolma, Helsinki, Amsterdam, Zurigo, Vancouver, Londra, Milano, Auckland, Melbourne, Australia e Washington. Un bel successo per il nostro Paese.

Un effetto positivo della crisi sanitaria

Commentato l’ottima performance di Milano, Mariano Mamertino, Senior Economist di LinkedIn ha detto: “Guardando al futuro, una delle poche conseguenze positive legate all’attuale crisi sanitaria è da riscontrarsi nel settore della sostenibilità. La crisi ha contribuito a ridurre l’inquinamento, e ciò potrebbe dare una certa carica a iniziative relative alla sostenibilità ambientale, che erano necessarie da tempo. E da questo punto di vista, le amministrazioni locali di città come Milano, Manchester o Liverpool hanno già annunciato dei piani volti a ripensare le modalità con le quali queste città possono essere più rispettose dell’ambiente”. Per quanto riguarda invece l’analisi dei dati, Mamertino osserva che “abbiamo registrato un aumento del 13% del numero di professionisti della sostenibilità in tutta Europa, così come un +49% della domanda di lavori verdi nell’ultimo anno. Aldilà dei nostri dati, le iniziative recentemente annunciate da diverse amministrazioni pubbliche ci danno prova del peso e della particolare attenzione che ci aspettiamo sarà data al tema della sostenibilità anche in futuro”.

Il cybercrime si organizza in multinazionali, e fattura miliardi

Una lotta senza esclusione di colpi, che prende di mira infrastrutture, reti, server e client, ma anche smartphone, oggetti connessi a internet, social e app per chattare. Ma la minaccia non arriva più dai classici hacker, e nemmeno da gruppetti di “artigiani” del cybercrime. Ora gli attacchi arrivano da decine e decine di gruppi criminali organizzati transnazionali che fatturano miliardi. In pratica, multinazionali con mezzi illimitati, Stati nazionali con i relativi apparati militari e di intelligence, fornitori e contractors, gruppi civili o paramilitari e unità di mercenari. A tracciare il quadro è l’ultimo rapporto del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica. Secondo il quale nel corso del 2019 gli attacchi informatici gravi di cui si è venuti a conoscenza sono stati nel mondo 1.670, il 7,6% in più dell’anno precedente. E rispetto al 2014 (873 casi), il numero è quasi raddoppiato.

“Una situazione di inaudita gravità”

Si tratta di “una situazione di inaudita gravità – spiega l’esperto Andrea Zapparoli Manzoni, del comitato direttivo Clusit – che mette in discussione e a repentaglio tutti i presupposti sui quali si basa il buon funzionamento dell’Internet commerciale e di tutti i servizi, online e offline, che su di essa fanno affidamento”.

Il grosso degli attacchi (1.383, pari all’83%), rientra nella categoria del cybercrime, che cresce del 13,6%). Stabili risultano i casi di spionaggio e sabotaggio, a quota 204, mentre sono in diminuzione gli attacchi riconducibili ad attività di guerra cibernetica, a quota 35, riporta Ansa.

Una media di 139 attacchi registrati mensilmente

Si parla quindi di una media pari a 139 attacchi registrati mensilmente contro una media nel quinquennio 2014-2018 di 94 attacchi, con una variazione nel 2019 del +47,8%.

Il Clusit, tuttavia, fa notare che il dato non rappresenta affatto la situazione reale, visto che non tiene conto di tutti gli attacchi non andati a buon fine, bensì soltanto di quelli che sono andati a segno.

Una situazione in rapida evoluzione sul fronte della geopolitica internazionale, quindi, e che riguarda ormai interi Stati.

In Italia gli “attacchi gravi” sono il 54% del totale

E in Italia? Gli “attacchi gravi” rappresentano il 54% del totale (suddivisi in 28% con rischio Alto e 26% con rischio Critico). Nell’83% dei casi la causa dell’attacco è il Cybercrime, ovvero l’estorsione di denaro, che nell’ultimo anno è cresciuto del 12,3% rispetto al 2018 e del 162% rispetto al 2014, riporta Dday.it. Per quanto riguarda gli obiettivi, gli attacchi classificati in Attacchi a Obiettivo Multiplo, ovvero che colpiscono indiscriminatamente un ampio gruppo di popolazione con una logica industriale, sono il 24% del totale (+ 29,9% sul 2018). Ma il dato più eclatante riguarda i servizi online (l’11% del totale), cresciuti del 91,5%.

Il Clusit fa inoltre notare come la tendenza sia quella di utilizzare tecniche piuttosto semplici, ma declinate in moltissime varianti.

Cercare lavoro con Google, arriva Job Search

Non solo notizie o immagini, ora con Google si può cercare anche lavoro. Lanciato negli Stati Uniti nel 2017, e già disponibile in oltre 120 Paesi, il servizio Job Search ora arriva anche in Italia. Job Search consente infatti di consultare le offerte di lavoro, perfezionare i parametri di ricerca e perfino inoltrare la propria candidatura

“Nei Paesi in cui il servizio è già stato attivato, inclusi Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania e Spagna, i partner locali hanno rilevato un impatto migliorativo dell’esperienza sul motore di ricerca, sia in termine di visite sia di candidature qualificate – spiega una nota del motore di ricerca -. In alcuni casi il tasso di conversione rispetto alla ricerca organica è stato fino a 5 volte superiore”.

Perfezionare la ricerca con i filtri

Il servizio, attivo dal 16 ottobre, mostra una raccolta di opportunità, anche in base a una ricerca specifica, che può essere perfezionata utilizzando filtri sulla posizione, sul tipo di contratto e sulla data di pubblicazione dell’offerta. A questi si aggiunge la possibilità di impostare avvisi di notifica in caso di nuovi annunci e salvare le proposte più interessanti. E tra i vantaggi di Job Search, anche l’ottimizzazione della ricerca, che permette di evitare duplicazioni di offerte, ed eventuali rallentamenti per il caricamento delle pagine.

“Un aiuto importante per l’industria dell’online recruiting”

Chi cerca lavoro su Google in Italia vedrà gli annunci pubblicati dai partner italiani del servizio (GEDI, Jobonline, Monster e Trovolavoro – RCS), insieme a molti altri provenienti dal web. Per garantire un numero sempre crescente di offerte di lavoro disponibili, sono state pubblicate le linee guida che spiegano come rendere un’offerta di lavoro visualizzabile gratuitamente in questa nuova funzionalità.

“La nuova funzionalità di Google genera traffico di ottima qualità  – spiega Nicola Cernigoi, AD Medialabor e founder di Jobonline -. Si tratta di un aiuto importante per l’industria dell’online recruiting in Italia: in poche settimane di sperimentazione su una copertura ancora limitata, abbiamo registrato un traffico aggiuntivo verso Jobonline.it superiore al 4%”.

Le iniziative per avvicinare persone e aziende alla trasformazione digitale

Questa novità, riporta Ansa, si aggiunge alle attività che dal 2012 Google porta avanti anche in Italia per avvicinare persone e aziende alla trasformazione digitale. Tra queste, anche il progetto Crescere in Digitale, lanciato nel 2015 in partnership con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Anpal e Unioncamere, nell’ambito del programma Garanzia Giovani della Commissione Europea. Un programma che conta oltre 120.000 giovani iscritti in cerca di occupazione, e 8.000 tirocini retribuiti messi a disposizione alla fine del corso.

Gestire in azienda il capo “da incubo”: i consigli del coach

Avere un capo impossibile, con cui è impossibile trovare un terreno comune o semplicemente un dialogo, è una delle motivazioni che spinge i collaboratori di un’azienda, anche quelli più capaci, a cambiare posto di lavoro. Eppure esistono diverse strategie per gestire in modo efficace la situazione, a cominciare dal provare a migliorare il rapporto con il capo da incubo. Parola di Roberto D’Incau, fondatore di Lang&Partners, nota società di consulenza HR italiane headhunter & coach, oltre che scrittore di libri di successo. Ecco, raccolti in 10 consigli, come fare per rendere la vita lavorativa… vivibile, anche con un superiore terribile.

Come muoversi in 10 mosse

Innanzitutto l’esperto consiglia di cercare di capire se davvero si ha a che fare con un boss pessimo o se invece ci sono dei pregiudizi, perché  magari sotto sotto si avrebbe voluto essere al suo posto e l’azienda invece l’ha imposto come superiore. Ancora, bisognerebbe riuscire a mettersi nei panni del proprio boss, così da adottare il suo punto di vista: cioè valutare se è davvero un cattivo capo, o è semplicemente molto sotto pressione per i risultati che deve portare, e non sente che i suoi collaboratori diretti lo supportano adeguatamente. Spesso, infatti, ognuno di noi tende a ricordare il capo precedente mettendone in luce solo i pregi, mentre dell’attuale si vedono solo i difetti. Terzo consiglio: anche se il boss è pesante, il proprio ruolo in azienda va avanti indipendentemente da lui. Se il lavoro è ben fatto, verrà apprezzato; e spesso i capi impossibili non durano tanto…

Paletti per sopravvivere

Quarto consiglio, nel caso in cui il il boss sia un maniaco del controllo che vuole verificare tutto: occorre tenere a mente che è un capo poco strategico, che non sa delegare. Meglio fare buon viso a cattivo gioco  rassicurandolo nella sua ansia di controllo: piano piano si fiderà e le cose andranno meglio. E’ fondamentale, poi, saper mettere dei paletti: con cortesia, ma anche con fermezza,  bisogna far comprendere al capo che non si è disposti a subire la sua maleducazione o l’aggressività: meglio però agire non nel momento del conflitto, ma il giorno dopo dicendogli “non ti sembra di avere esagerato ieri con la tua reazione?”. Sempre per portare acqua al proprio mulino, conviene assecondalo nelle sue piccole manie: che siano la puntualità o l’ordine, meglio venirgli incontro.

Cure psicologiche?

Quando non si tratta solo di carattere difficile, ma di evidenti problemi psicologici come il burn out, non si può affrontare la situazione da soli: è bene parlare con l’HR e condividere il proprio punto di vista, per essere spostati in un altro gruppo di lavoro. Ottavo passo: quando si ha vissuto l’esperienza di un capo complicato, fare il possibile per non ripeterla – ovviamente se si può scegliere – nel momento in cui si cambia posto di lavoro. Lavorare sulla propria assertività: spesso chi non riesce a tenere testa a un capo strong ha anche difficoltà a essere assertivo in altre situazioni, ad esempio in famiglia. Infine, è sempre bello provare a trovare dei momenti di “lato bimbo” con lui, di condivisione emotiva, per esempio davanti a un aperitivo: magari è “impossibile” perché è a sua volta fortemente sotto pressione lavorativa o personale, e condividere la sua emotività può essere una buona chiave di accesso.