Mantenere l’ora legale? Farebbe risparmiare circa 3 miliardi

Tre miliardi di euro, più o meno. A tanto ammonterebbe il risparmio, legato ai consumi energetici, se nel nostro paese venisse mantenuta tutto l’anno l’ora legale. A dirlo è una recentissima ricerca realizzata dal Centro Studi di Conflavoro Pmi, condotta per esplorare i modi per ammortizzare in parte il caro energia che sta mettendo in difficoltà molte famiglie italiane e molte imprese del Paese. Un esempio pratico: a Roma, quando l’ora solare è in vigore, il 21 dicembre (il giorno più corto dell’anno) il sole tramonta alle 16.42. “Con quella legale – dice Roberto Capobianco, presidente di Conflavoro Pmi – diventerebbero le 17.42. È vero che l’alba dello stesso giorno verrebbe spostata alle 8.34, anziché alle 7.34, ma il risparmio di consumi e luce elettrica sarebbe comunque maggiore visto che alle cinque di pomeriggio la gran parte delle attività lavorative è ancora in pieno svolgimento”. Facendo i calcoli, si risparmierebbero 2,7 miliardi di euro nel 2023 sui consumi elettrici.

“Un’ora di luce in più al giorno”

La ricerca ha stimato che, ipotizzando che nel periodo in cui vige l’ora solare si applicasse l’ora legale (30 ottobre – 26 marzo, per un totale 147 giorni), si acquisterebbe un’ora di luce naturale al giorno in più, per un totale di 147 ore. “Considerati gli attuali prezzi, determinerebbe nel nostro Paese risparmi sui consumi di energia ipotizzabili in 2,7 miliardi di euro per il 2023” specifica Conflavoro Pmi, come riporta Adnkronos. “Si tratta di una stima basata sull’ultimo fabbisogno energetico certo (dati del gestore al 2021) pari a 318,1 miliardi di KWh rinnovabili comprese (i primi 8 mesi del 2022 hanno già registrato una media di fabbisogno mensile di 25,9 miliardi di KWh) calcolati sul prezzo oggi nel mercato tutelato da Arera, ossia 0,51 euro/KWh calcolato al momento per il mese di ottobre 2022”. Guardando alle ultime previsioni diffuse da Terna, rileva, “lo scorso marzo, nel periodo di ora legale tra marzo e ottobre 2021 quindi prima del caro energia – è stato stimato un risparmio di oltre 190 milioni di euro, grazie a un minor consumo di energia elettrica pari a circa 420 milioni di kilowattora, con un ulteriore beneficio ambientale di riduzione di circa 200 mila tonnellate di CO2”.

Potrebbe scongiurare misure più severe

“Mantenere l’ora legale potrebbe quindi certamente contribuire a scongiurare tutte quelle misure pratiche di emergenza – afferma ancora Capobianco – come la riduzione degli orari di lavoro, lo spegnimento anticipato e l’accensione posticipata dell’illuminazione e, nei casi peggiori, gli eventuali distacchi che le imprese potrebbero trovarsi costrette ad attuare per tamponare le criticità della situazione”.

Smart working: meno tempo perso e più produttività

Secondo il progetto Smart & Value, condotto in partnership tra Stantec e Dilium con Sustainability & Circular Economy Lab, e in collaborazione con Università di Bologna e Manageritalia Emilia-Romagna, in soli sei mesi di smart working parziale (2/3 giorni a settimana), oltre 300 dipendenti di 11 aziende hanno risparmiato costi, tempo e guadagnato in benessere e qualità della vita. Inoltre, hanno evitato spostamenti per oltre 700mila km, pari a più di 17 giri dell’equatore, ed emissioni di CO2 pari a quelle assorbite in un anno da una foresta di 32 ettari. Tanti i benefici anche per le aziende, che hanno dipendenti più sereni, collaborativi e produttivi.

I benefici impattano sull’intera collettività

I benefici del lavoro agile impattano non solo sui singoli lavoratori e sulle aziende, ma sull’intera collettività. Benefici in termini di costi, tempo, e qualità della vita: lavorando in smart working i dipendenti hanno risparmiato i costi di carburante, pedaggi, parcheggi, alcune spese per la gestione familiare e quasi 14.000 ore di spostamenti casa-lavoro (6,7 anni). Tempo e soldi dedicati invece a famiglia, benessere, sport e formazione. Inoltre, il 37% degli intervistati è meno stressato, il 25% più concentrato e il 7% più creativo. Solo il 4% preferisce lavorare sempre in ufficio. Non mancano, i benefici per le imprese: i reparti hr delle aziende hanno rilevato un miglioramento della produttività, del lavoro per obiettivi, e delle competenze digitali delle persone.

La gestione manageriale è l’enzima del successo

L’enzima alla base del successo è la gestione manageriale a supporto di una profonda trasformazione organizzativa e digitale. 
“Smart&Value ha dimostrato che lo smart working si può misurare – commenta Rebecca Levy Orelli, professoressa associata Dipartimento Scienze Aziendali Università di Bologna e responsabile scientifico Sustainability & Circular Economy Lab -: e misurare ci permette di conoscere e di prendere decisioni per il futuro delle aziende e della collettività”.
Essenziale è l’impegno dei manager per diffondere nel nostro Paese il lavoro agile, e quindi una moderna organizzazione del lavoro, determinando i fattori competitivi a livello economico e sociale e identificando strumenti e strategie per promuoverlo nei piani di sviluppo delle imprese.

Migliora la digitalizzazione delle procedure e dei modelli organizzativi 

Insomma, “lo smart working è un fenomeno che riguarda molto da vicino la gestione manageriale del lavoro – aggiunge Mario Mantovani, presidente Nazionale Manageritalia -; analizzare i modelli organizzativi che funzionano, per poi applicarli nelle aziende, porterà sicuramente benefici e vantaggi per tutti gli attori coinvolti in questi processi”. 
Con lo smart working, infatti, anche la digitalizzazione delle procedure e dei modelli organizzativi è migliorata, insieme all’uso degli spazi e alla gestione dei costi. E mantenere lo smart working (almeno parziale) anche al termine delle misure emergenziali imposte dalla pandemia, è importante anche in termini di sostenibilità ambientale. 

Smartphone: spedizioni a -9% nel secondo trimestre 2022 

Secondo i dati della società di analisi Canalys, nel secondo trimestre del 2022 a causa del calo della domanda le spedizioni globali di smartphone sono scese a 287 milioni di unità (-9%). La cifra trimestrale più bassa dal secondo trimestre del 2020, quando la pandemia ha colpito per la prima volta. È Samsung a guidare il mercato, con 61,8 milioni di smartphone spediti e una quota di mercato del 21%, mentre nonostante la debole stagionalità Apple ha mantenuto il secondo posto, spedendo 49,5 milioni di iPhone per una quota di mercato del 17%. Xiaomi è invece rimasta al terzo posto, con 39,6 milioni di unità, e OPPO e vivo completano la top five rispettivamente con 27,3 e 25,4 milioni di unità spedite.

L’eccesso di offerta richiede più capacità di pianificazione dei fornitori

“I principali fornitori cinesi sono riusciti a stabilizzare le loro prestazioni mondiali rispetto allo scorso trimestre, nonostante un altro round di contrazioni a due cifre su base annua – dichiara Toby Zhu, analista di Canalys -. Le carenze della catena di approvvigionamento non sono più il problema più urgente poiché gli ordini di componenti vengono abbattuti rapidamente e i fornitori hanno iniziato a preoccuparsi dell’eccesso di offerta. Questo ha comportato riduzioni di prezzo per i componenti chiave – continua Zhu -. I fornitori potrebbero utilizzare i risparmi extra per migliorare la competitività del prodotto dei nuovi lanci nella seconda metà dell’anno. Allo stesso tempo, ciò potrebbe rendere ancora più difficile sbarazzarsi dei vecchi modelli. La situazione dell’eccesso di offerta richiede più capacità di pianificazione dei fornitori rispetto al periodo di carenza”, si legge su ChannelCity.

I consumatori si spostano verso i modelli di fascia bassa

La crisi del settore non è spiegata solo dai ridotti volumi di vendita, ma anche dalle scelte dei consumatori, che stanno cominciando ad abbandonare la fascia media del mercato per spostarsi verso quella bassa, andando quindi a intaccare ulteriormente i margini delle aziende che vendono top di gamma. Secondo Runar Bj›rhovde, Research Analyst presso Canalys, le aziende hanno dovuto far fronte a una domanda debole, che ha portato a ripensare le strategie trimestrali.

Aumento dell’inflazione e accumulo di scorte

L’aumento dell’inflazione e l’accumulo di scorte hanno portato i produttori a ‘rivalutare il proprio portafoglio’ per il resto del 2022. Per gli analisti, il calo del 9% è influenzato anche dalla domanda elevata di dodici mesi fa, quando dopo il difficile 2020 il settore aveva beneficiato di una forte impennata dei consumi. Per Canalys, riferisce Ansa, oggi il reddito disponibile è più orientato ad altri prodotti e beni, non solo verso l’elettronica. “Una profonda collaborazione con i canali per monitorare lo stato dell’inventario e della fornitura sarà fondamentale per i fornitori per identificare le opportunità a breve termine – sottolinea Toby Zhu -, mantenendo al contempo sane partnership di canale nel lungo periodo”.

Economia circolare ed energia rinnovabile contro il caro bollette

A quanto emerge dall’ultima indagine Ipsos, L’Italia e l’economia circolare, presentata in occasione della IX edizione di EcoForum, la conferenza nazionale sull’economia circolare organizzata da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club, quasi il 70% degli intervistati ritiene che lo sviluppo dell’economia circolare e l’energia da fonti rinnovabili possano combattere l’aumento delle bollette. Per contrastare in maniera efficace i rincari energetici che pesano sulle bollette di luce e gas una risposta può arrivare dall’utilizzo delle fonti derivanti dalle fonti rinnovabili e dalle possibilità dell’economia circolare. In un contesto dominato da incertezze economiche, sanitarie e geopolitiche, di anno in anno incrementa la quota dei forti conoscitori dell’economia circolare, +10% in 4 anni, ma non si allarga il bacino complessivo dei conoscitori. 

Dove concentrare gli investimenti per aumentare la circolarità?

Quasi sette italiani su dieci ritengono che lo sviluppo dell’economia circolare e l’energia proveniente da fonti rinnovabili contrasterebbero l’aumento delle bollette, tema al momento molto preoccupante e sentito. Il 48% degli intervistati ritiene poi che i ‘green jobs’, ovvero i lavori collegati alla sostenibilità, aumenteranno in futuro. Inoltre, gli italiani mostrano di avere le idee chiare anche su dove dovrebbero concentrarsi gli investimenti per aumentare la circolarità: i conoscitori (41%) inseriscono nelle prime 5 posizioni alcune azioni particolarmente drastiche, come la chiusura di impianti a rischio e delle aziende inquinanti.

Economia circolare: quanto ne sanno gli italiani?

Di fatto, il livello di conoscenza dei principi dell’economia circolare rimane sostanzialmente invariato (41%). In ogni caso, rispetto al totale della popolazione intervistata, i conoscitori dell’economia circolare reputano maggiormente importante investire sulle risorse per rigenerare impianti industriali esistenti, e dare più autorizzazioni per la costruzione di impianti di riconversione e riciclo. 
Inoltre, oltre un italiano su due pensa che l’Italia sia sotto la media europea per impegno nella circolarità, e quasi due su dieci pensano che siamo agli ultimi posti in Europa. E anche tra i conoscitori dell’economia circolare, la percezione risulta del tutto simile. 

La crisi pandemica ha insegnato che cambiare si può

In ultima analisi, il 75% degli intervistati ritiene che la pandemia Covid-19 abbia dimostrato che è possibile per le persone trasformare il proprio comportamento molto rapidamente, e il 71% degli intervistati concorda sul fatto che la ripresa post pandemia sia un momento unico per costruire società più resistenti agli shock futuri. In sintesi, la crisi pandemica ha insegnato che cambiare si può, specie se la società civile diventa più attenta, se la burocrazia aiuta e se ci sono risorse adeguate.

In azienda i cyber attacchi partono con una e-mail di phishing

La cyberminaccia inizia quasi sempre con il phishing: e troppo spesso i dipendenti delle aziende ci cascano, mettendo in pericolo la sicurezza dei propri dati personali così come quelli dell’impresa per cui operano. A “dare i numeri” del fenomeno è Kaspersky: secondo le stime, infatti, il 91% di tutti i cyberattacchi inizia con un’e-mail di phishing, le cui tecniche sono implicate nel 32% dei casi di tutte le violazioni di dati andate a buon fine. D’altro canto, i lavoratori non sempre sono sufficientemente preparati a fronteggiare l’attacco. Secondo quanto emerso dai dati rilevati dal simulatore di phishing di Kaspersky Security Awareness Platform i dipendenti spesso tendono a ignorare le insidie nascoste nelle e-mail dedicate a questioni aziendali o a notifiche relative a problemi di consegna. Quasi un dipendente su cinque (dal 16 al 18%), infatti, ha cliccato su link contenuti nei modelli di e-mail che simulano attacchi di phishing.

Qual è l’oggetto delle mail più pericolose?

Il team di esperti specializzato nella sicurezza informatica ha anche individuato, attraverso campagne di simulazione, quali sono le tipologie di e-mail di phishing più efficaci. Nel dettaglio, hanno per oggetto: Tentativo di consegna fallito – Purtroppo il nostro corriere non è riuscito a consegnare il vostro articolo. Mittente: Servizio di consegna della posta. Conversione dei click: 18,5%.; Email non consegnate a causa del sovraccarico dei server di posta. Mittente: Il team di supporto di Google. Conversione dei click: 18%; Sondaggio online tra i dipendenti: Cosa miglioreresti del lavoro in azienda. Mittente: Dipartimento Risorse Umane. Conversione dei click: 18%; Promemoria: Nuovo dress code aziendale. Mittente: Risorse umane. Conversione dei click: 17,5%; Attenzione a tutti i dipendenti: nuovo piano di evacuazione dell’edificio. Mittente: Dipartimento Sicurezza. Conversione dei click: 16%. Inoltre, tra le altre e-mail di phishing che hanno ottenuto un numero significativo di click ci sono: conferme di prenotazione da parte di un servizio di prenotazione (11%), notifiche di un ordine (11%) e un annuncio di un concorso (10%). 

Come proteggere dipendenti e azienda

Per prevenire le violazioni dei dati e le relative perdite finanziarie e di reputazione causate dagli attacchi di phishing, Kaspersky raccomanda alle aziende di adottare alcune misure. Ad esempio, ricordare ai dipendenti i segnali fondamentali delle e-mail di phishing, come l’oggetto “strano”, errori e refusi, indirizzi del mittente incoerenti e link sospetti; in caso di dubbi sull’e-mail ricevuta, è importante controllare il formato degli allegati prima di aprirli e l’accuratezza del link prima di cliccare. Per farlo è importante assicurarsi che l’indirizzo sia autentico e che i file allegati non siano in formato eseguibile; segnalare sempre gli attacchi di phishing. Nel caso di un attacco, è importante segnalarlo al reparto di sicurezza informatica e, se possibile, evitare di aprire l’e-mail dannosa. In questo modo il team di cybersecurity potrà riconfigurare i criteri anti-spam e prevenire un incidente; fornire ai dipendenti le conoscenze di base sulla cybersecurity. La formazione deve essere finalizzata a modificare il comportamento dei dipendenti e a insegnare loro come affrontare le minacce. 

Felici intorno a un tavolo e in vacanza: la leggerezza secondo gli italiani

Trascorrere del tempo all’insegna della leggerezza, tenendo alla larga preoccupazioni e stress. Sì, ma come? Secondo la maggior parte degli italiani questo stato si raggiunge con la convivialità, condividendo momenti piacevoli e preziosi con le persone care, meglio se intorno a un tavolo, in compagnia di una birra e durante le giornate di vacanza. Lo riferisce uno studio realizzato da AstraRicerche per Birra Moretti, che ha fotografato il rapporto degli italiani con la leggerezza, scoprendo che per la metà dei nostri connazionali questa attitudine significa condividere il tempo con le persone che ci fanno stare bene. In particolare, emerge che Il viaggio e l’evasione dalla routine sono la metafora della leggerezza: per 1 italiano su 3 (33%) le vacanze rappresentano l’antidoto allo stress, preferibilmente in buona compagnia e all’insegna della convivialità.

Stare bene con gli altri e nei luoghi

Se la buona compagnia delle persone che ci fanno stare bene è la situazione che più di tutte ci alleggerisce la vita e ci rende spensierati (43%), subito dopo gli italiani indicano di sentirsi più leggeri e felici quando sono in vacanza (33%): evadere dalla routine durante l’estate è la situazione che fa più felici ben 12 milioni di italiani. Che si sentono a loro agio soprattutto quando sono a contatto con la natura (29%), una situazione radicata nello stile di vita sempre più “outdoor” dei nostri connazionali.
Un concetto, quello del viaggio e della vacanza, che è strettamente legato alla condivisione del buon mangiare e buon bere, all’aria aperta, che rappresenta per 2 italiani su 10, il momento di leggerezza per eccellenza. Per molti, con una buona birra, che per 4 italiani su 10 (43%) è la bevanda della spensieratezza, capace di accompagnare i momenti conviviali più piacevoli e spensierati, più di vino e spumante.

Gli ingredienti della leggerezza

Tra gli aspetti legati alla convivialità, nella classifica di quelli più importanti 4 italiani su 10 (40%) indicano i momenti con gli amici all’aria aperta mangiando street food, seguito dall’apericena informale con gli amici accompagnato da una buona birra (35%) o la cena nel locale preferito (33%). Tra le bevande che incarnano i valori di spensieratezza e leggerezza tanto ricercati in questo momento dagli italiani in testa c’è la birra chiara (43%), seguita dal vino rosso (24%) e dal vino bianco (21%). Subito dopo troviamo cocktail e superalcolici (19%), birra scura (14%) e spumante (13%). Più indietro bevande gasate (11%), succhi di frutta (9%), the e tisane (9%).

Bioplastiche, il riciclo raggiunge il 61% della popolazione italiana

Le bioplastiche sono ormai “familiari” in tantissime case di italiani, che le conoscono e sanno anche che possono essere smaltite. Tanto che raggiungono il 61% della popolazione del nostro Paese. Lo evidenzia la relazione dell’attività 2021 del consorzio Biorepack, con 38.400 tonnellate di imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile riciclate organicamente, pari al 51,9% dei pack immessi sul mercato nello stesso periodo.

Un ciclo virtuoso

Quello dello bioplastiche compostabili e del riciclo organico è un settore importantissimo e sempre più condiviso, tanto che le imprese consorziate sono passate da 6 a 202 in appena un anno. Mentre sono 330 gli organismi convenzionati per un totale di 3706 Comuni serviti, nei quali abitano oltre 36 milioni di persone, pari al 61% della popolazione italiana. Ancora: 38.400 tonnellate di imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile riciclate organicamente, pari al 51,9% degli imballaggi immessi sul mercato nello stesso periodo (74.000 tonnellate). Inoltre, grazie al contributo ambientale obbligatorio degli imballaggi in bioplastica, nel corso del 2021 sono stati riconosciuti corrispettivi economici ai convenzionati pari a 7,5 milioni di euro. Sono i numeri più rilevanti delle attività svolte nel corso del 2021 da Biorepack, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile.

Tanti Comuni già coperti, specie nel Nord Est

Positivi anche i numeri dei Comuni già coperti dalle convenzioni.  Il focus sui 330 organismi convenzionati mostra che 209 sono rappresentati da Comuni (singoli o associati), altri 102 sono soggetti gestori deputati alla raccolta dell’umido urbano, 10 sono enti di governo del servizio rifiuti e nove sono gestori di impianti di trasferenza o di riciclo organico.
Significativa la distribuzione territoriale dei Comuni finora coperti dalle convenzioni firmate con Biorepack: arrivano al 79% del totale nel Nord Est, 50% nel Nord Ovest, 49% nel Centro. Più indietro la situazione per Sud e Isole, dove la copertura è rispettivamente del 29% e 14%. Al 31 dicembre 2021 avevano fatto richiesta il 67% dei capoluoghi di provincia italiani. “Auspichiamo – ha detto il presidente di Biorepack, Marco Versari – che i Comuni e i soggetti da loro delegati alla raccolta rifiuti nelle regioni del Mezzogiorno colmino rapidamente questo divario. Convenzionarsi significa infatti poter accedere a risorse economiche che si rivelano cruciali, soprattutto per le realtà territoriali di medio-piccole dimensioni. E sono uno stimolo ad effettuare nel migliore dei modi la raccolta differenziata della frazione umida, essenziale anche in chiave ambientale”.

Donne meno portate per discipline Stem. Lo pensa il 14% degli italiani

Le donne sono meno portate per discipline Stem? Se il 56% degli italiani non conosce il termine Stem quasi il 14% ritiene che le donne siano biologicamente e naturalmente meno portate allo studio delle discipline scientifiche. Sono alcuni dati emersi dalla ricerca presentata da Alessandra Ghisleri, direttore di Euromedia Research, nel corso dell’evento Donne e materie Stem: come superare la disparità di genere, promosso da Fondazione Marisa Bellisario, Link Campus University e Università eCampus. 
“Sono dati molto preoccupanti, e ritenere che alla base del sottodimensionamento delle donne in queste materie ci siano ragioni biologiche ci fa capire che siamo ancora all’epoca preistorica”, ha commentato Maria Cristina Messa, ministro dell’Università e della Ricerca.

“Non esiste minore attitudine delle ragazze rispetto ai ragazzi”

“Come governo, in tutti i bandi abbiamo fatto sì che almeno il 40% degli assunti siano donne, vincolando l’accesso ai fondi del PNRR solo a quegli enti, pubblici e privati, che abbiano la redazione di un bilancio di genere e una strategia di genere come uno degli elementi portanti della governance nelle loro strutture – ha aggiunto Maria Cristina Messa -. E non basterà avere un foglio di carta: saranno monitorati i dati che individuano gli obiettivi principali”.
Quanto al gap di genere, “abbiamo un gap di genere ben più alto della media dei paesi Ocse – ha sottolineato Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia – e di certo non esiste una minore attitudine delle ragazze rispetto ai ragazzi”.

Creare role model e abbattere gli stereotipi sono leve prioritarie

“Quasi 40 anni fa Marisa Bellisario incoraggiava le ragazze a intraprendere percorsi di studio scientifici perché, diceva, le donne hanno tutte le carte in regola per eccellere e perché là ci sono le migliori opportunità di lavoro e carriera – ha ricordato Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario -. La Fondazione ha raccolto il suo testimone e fin dal 1989 premia ogni anno non solo i migliori talenti del settore, da Fabiola Gianotti a Samantha Cristoforetti, ma le più brillanti neolaureate in materie Stem. Creare role model e abbattere gli stereotipi sono le leve prioritarie per aumentare il numero di ragazze che scelgono indirizzi scientifici: un obiettivo non solo di parità ma di sostenibilità e progresso in tutto il mondo”.

In alcuni segmenti universitari lo scarto tra uomini e donne è ancora rilevante 

“Ci sono alcuni segmenti, all’interno del panorama universitario italiano che vedono ancora un rilevante scarto tra uomini e donne, nella presenza e nella rappresentanza – ha evidenziato il rettore della Link Campus University, Carlo Alberto Giusti -. Nelle discipline Stem, secondo i dati del centro studi della Crui, si registra una presenza femminile inferiore al 15%, dato confermato anche nei dottorati e nei ruoli della ricerca. La Link Campus University è impegnata in azioni di contrasto a ogni forma di diseguaglianza”.

Italiani e auto, inizio anno difficile

Sono sempre meno le auto per famiglia in Italia. Il 2022 si è aperto con numeri i calo per il mercato automobilistico, che ha visto una decrescita per il numero di immatricolazioni, per automobili e altri veicoli, del -21,22% a causa di fattori come la pandemia e ora anche la guerra in Ucraina. Qualche dato relativo ai primi due mesi dell’anno: le vendite relative alle Passenger cars, in Italia, sono state pari al -22,46% rispetto al 2021. Sembra di natura contenuta, invece, il decremento concernente i Light commercial vehicles che, registra un 6,72% in meno sulle vendite totali, con 14.120 veicoli immatricolati per febbraio 2022. Sono solo alcuni dei dati contenuti nella ricerca di Scenari. La società di ricerca ha condotto un sondaggio su un campione rappresentativo od italiani, scoprendo che il 98,7% degli intervistati possiede almeno la patente di tipo A1. La maggior parte dei rispondenti ha dichiarato di possedere una sola autovettura (46,1%). L’altra significativa maggioranza è costituita da coloro che ne posseggono, invece, due (42%). Mediamente, quindi, in un micronucleo sociale italiano, possiede un numero di automobili compreso tra 1 e 2.

Perchè calano le immatricolazioni

Gli avvenimenti che hanno portato alla situazione attuale il mercato automobilistico italiano sono strettamente legati alla pandemia e all’attuale conflitto sul territorio ucraino. Il ruolo di maggior peso per l’attuale condizione lo giocano: residui degli effetti della pandemia da SARS-CoV-2 e le limitazioni, sul trasporto del carburante, causate dall’attuale conflitto russo-ucraino. Allo stato d’incertezza, generato dall’imponente flessione economica e occupazionale, si aggiunge la cosiddetta crisi dei microchip. Tra tutti i settori colpiti da questa crisi, quello dell’industria automobilistica è in primissima linea. Sembra, inoltre, che la carenza di semiconduttori si protrarrà ancora per un po’, generando, in questo modo, una spietata corsa all’approvvigionamento di chip e delle materie prima che occorrono per fabbricarli.

Effetto domino

L’incremento del 40%, su tutti i tipi di carburante, sta generando un ovvio effetto domino sui costi di produzione.
Dai vertici del settore, le persone sono esortate ad attendere pazientemente il ritorno degli incentivi per il mercato automobilistico. Si punta, dunque, a un’immediata riforma del decreto sull’energia, spronando all’utilizzo dei fondi destinati a questo scopo. Presentano, infatti, gli unici valori positivi, i modelli ibridi. Le bifuel Gpl hanno registrato un incremento pari al +23,2% a discapito dei prodotti a metano che, vedono la propria fetta decrescere del -59%. Ciò ha portato ad un calo nelle omissioni di CO2, che in analisi hanno presentato il 5,3% in meno rispetto al 2021.

Pasqua: uovo di cioccolato o colomba?

Nella ‘sfida’ tra uova di cioccolato e colomba quale è il dolce più amato dai consumatori del Bel Paese? A Pasqua gli italiani comprano i dolci tipici della tradizione per festeggiare con golosità le feste, un’abitudine consolidata. E secondo Everli, il marketplace della spesa online, lo scorso anno si è registrato un aumento di spesa a doppia cifra per l’acquisto di uova di cioccolato (66%) e di colombe (29%), decretando come vincitore indiscusso l’uovo. Nonostante in Italia si acquistino un maggior numero di colombe pasquali (+4,6% rispetto alle uova), si spende di più in uova di Pasqua (+86%). E Taranto è al primo posto nello per la spesa in uova di cioccolato e al secondo per le colombe pasquali.

Cioccolato al latte, gianduia o fondente?

Puglia e Toscana sono le regioni in cui si spende di più per l’acquisto di uova di cioccolato, ognuna con due province nella top 10 delle località che hanno speso maggiormente online per questa categoria, Taranto (1°) e Bari (2°), Lucca (6°) e Grosseto (7°). Ma che tipologia di cioccolato preferiscono gli italiani? Non ci sono dubbi: 9 delle 10 città in cui si spende di più per l’acquisto di uova come prima preferenza scelgono il cioccolato al latte. Solo a Taranto vince il gianduia, ricetta che guadagna il secondo gradino del podio anche a Bari. Anche se le uova di cioccolato al latte sono le più apprezzate compaiono anche uova al fondente o fondente extra, in particolare a Roma, L’Aquila, Gorizia, Cagliari, Grosseto e Rimini, mentre il cioccolato bianco si intravede solo nei carrelli di Cagliari, Grosseto e Roma.

La colomba vince in Lombardia

Tra gli italiani che scelgono la colomba la preferita è quella classica, ma c’è spazio anche per le versioni con glasse e creme sfiziose In base ai dati di Everli, le colombe riscontrano successo soprattutto in Lombardia, regione che vanta due località all’interno della top 10 delle province italiane dove si spende di più per l’acquisto di tale prodotto: Cremona (8°) e Mantova (10°). Inoltre, paragonando le spese effettuate nel 2021 rispetto al 2020, si registrano impennate di acquisti per le colombe pasquali a Rovigo, dove la spesa è aumentata di 11 volte, a Trieste e a Ravenna, dove la spesa per questo prodotto è più che raddoppiata (rispettivamente + 157% e +114%).

La colomba ideale? Classica, ma anche con ricette alternative

Ma come deve essere per gli italiani la colomba ideale? Guardando alla top 10 delle province italiane che apprezzano di più questo dolce, il ‘voto’ non è unanime. Benché ci sia preferenza per la versione classica (vince in 4 città su 10) o veronese (amata solo a Mantova), fanno capolino anche ricette ‘alternative’ e particolarmente golose, dalla colomba arricchita con crema di limoncello (Cagliari), di crema chantilly (Pisa) o con gocce di cioccolato (Taranto), fino a quella senza canditi, che appare nei carrelli di Palermo e Rovigo.