Intelligenza Artificiale, dal Parlamento UE il primo regolamento al mondo

Il Parlamento europeo ha approvato la sua posizione negoziale sulla legge sull’Intelligenza Artificiale (AI) con 499 voti a favore, 28 contrari e 93 astensioni, ed è pronto a iniziare i negoziati con gli Stati membri dell’Unione Europea per il testo definitivo. Le norme mirano a garantire che lo sviluppo e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in Europa siano conformi ai diritti e ai valori dell’UE, ad esempio in termini di supervisione umana, sicurezza, privacy, trasparenza, non discriminazione e benessere sociale e ambientale. Le norme seguono un approccio basato sul rischio e stabiliscono obblighi per i fornitori e gli operatori di sistemi di Intelligenza Artificiale a seconda del livello di rischio che l’IA può generare, riferisce Agi. Saranno vietati i sistemi di Intelligenza Artificiale che presentano un livello di rischio inaccettabile per la sicurezza delle persone, come quelli utilizzati per il punteggio sociale (classificare le persone in base al loro comportamento sociale o alle loro caratteristiche personali).

Ampliata la lista dei divieti

I deputati hanno ampliato l’elenco dei divieti per includere anche gli usi intrusivi e discriminatori dell’Intelligenza Artificiale, come l’uso di sistemi di identificazione biometrica remota “in tempo reale” e “a posteriori” in spazi accessibili al pubblico, i sistemi di categorizzazione biometrica basati su caratteristiche sensibili (come genere, razza, etnia, cittadinanza, religione, orientamento politico), i sistemi di polizia predittiva basati sulla profilazione, ubicazione o comportamenti criminali passati, i sistemi di riconoscimento delle emozioni utilizzati dalle forze dell’ordine, nella gestione delle frontiere, nei luoghi di lavoro e negli istituti d’istruzione, e l’estrazione non mirata di dati biometrici da Internet o da telecamere a circuito chiuso per creare database di riconoscimento facciale in violazione dei diritti umani e del diritto alla privacy.

La salute è un tema centrale

I deputati desiderano inoltre che la classificazione delle applicazioni ad alto rischio includa anche i sistemi di Intelligenza Artificiale che comportano danni significativi per la salute, la sicurezza, i diritti fondamentali delle persone o l’ambiente. Sono stati aggiunti alla lista ad alto rischio i sistemi di Intelligenza Artificiale utilizzati per influenzare gli elettori e l’esito delle elezioni, nonché i sistemi di raccomandazione utilizzati dalle piattaforme dei social media con oltre 45 milioni di utenti.

Anche i fornitori chiamati nel processo di “controllo”

I fornitori di modelli di Intelligenza Artificiale, che rappresentano un settore in rapida evoluzione, dovranno valutare e mitigare i possibili rischi per la salute, la sicurezza, i diritti fondamentali, l’ambiente, la democrazia e lo Stato di diritto, e registrare i loro modelli nel database dell’UE prima di metterli sul mercato europeo. I sistemi di Intelligenza Artificiale generativa basati su tali modelli, come ChatGPT, dovranno rispettare i requisiti di trasparenza, dichiarando che il contenuto è stato generato dall’IA, aiutando anche a distinguere le cosiddette immagini deep-fake da quelle reali e fornendo salvaguardie per evitare la generazione di contenuti illegali. Sarà inoltre necessario pubblicare sintesi dettagliate dei dati protetti dal diritto d’autore utilizzati per l’addestramento.
Per stimolare l’innovazione nel campo dell’Intelligenza Artificiale e sostenere le PMI, i deputati hanno previsto esenzioni per le attività di ricerca e le componenti di Intelligenza Artificiale fornite con licenze open-source. La nuova legge promuove anche i cosiddetti spazi di sperimentazione normativa, ossia ambienti di vita reale creati dalle autorità pubbliche per testare l’Intelligenza Artificiale prima della sua implementazione.

I cittadini potranno presentare reclami

Infine, i deputati intendono rafforzare il diritto dei cittadini di presentare reclami sui sistemi di Intelligenza Artificiale ad alto rischio con un impatto significativo sui loro diritti fondamentali e di ricevere spiegazioni sulle decisioni basate su tali sistemi. Hanno anche riformato il ruolo dell’Ufficio dell’UE per l’IA, che avrà il compito di monitorare l’attuazione delle norme sull’Intelligenza Artificiale.

Le notizie che ci appaiono sul Google Feed? La “colpa” è delle nostre scelte precedenti

Uno studio condotto da scienziati della Rutgers School of Communication and Information, dell’Università di Stanford e della Northeastern University, e pubblicato sulla rivista Nature, ha rivelato che i principali fattori che determinano l’esposizione a notizie inaffidabili fornite dal Google Feed dipendono principalmente… dagli utenti. O meglio,  selezioni precedenti fatte dagli utenti, piuttosto che dall’attenzione dell’algoritmo o dall’ideologia politica dell’utente. Lo riporta l’Agi.

Algoritmi però…

Nonostante il ruolo cruciale degli algoritmi nella selezione delle notizie proposte agli utenti, poche ricerche si sono concentrate sull’analisi dei metodi di assortimento del Feed. Il team di ricerca, guidato da Katherine Ognyanova, ha confrontato l’esposizione, ovvero l’insieme dei link presenti nei risultati di ricerca, i follow, cioè i collegamenti alle pagine che le persone scelgono di visitare, e il coinvolgimento, che rappresenta l’insieme dei siti visitati da un utente durante la navigazione.
I ricercatori hanno affrontato la preoccupazione di lunga data secondo cui gli algoritmi digitali apprendano dalle preferenze espresse in base alle cronologie e dalle informazioni superficiali per soddisfare gli atteggiamenti e i pregiudizi degli utenti stessi. Secondo gli esperti, i risultati del Feed sembrano differire di poco in base alle ideologie politiche di base, ma si distanziano quando le persone iniziano a visitare determinate pagine web.

Possibili risultati polarizzanti

Questo studio evidenzia che, a volte, gli algoritmi di Google possono generare risultati polarizzanti e potenzialmente pericolosi, anche se questi emergono in modo uniforme tra utenti con opinioni politiche diverse. Il gruppo di ricerca ha raccolto informazioni in due fasi, valutando i risultati di un sondaggio e utilizzando dati empirici provenienti da un’estensione del browser progettata per misurare esposizione e coinvolgimento rispetto a determinati contenuti online durante le elezioni statunitensi del 2018 e del 2020.

Test con estensione del browser per Chrome e Firefox

Nel contesto dell’indagine, 1.021 partecipanti hanno installato un’estensione del browser per Chrome e Firefox. Il software ha registrato gli URL dei risultati di ricerca di Google, la cronologia e una serie di dati relativi ai contenuti visionati dagli utenti.  Il sondaggio mirava a distinguere l’orientamento politico dei partecipanti. I risultati hanno mostrato che l’identificazione e l’ideologia politiche non erano correlate all’esposizione e alla qualità di notizie a cui gli utenti erano esposti.

Sanità digitale: in Italia vale 1,8 miliardi di euro

La spesa per la Sanità digitale in Italia nel 2022 vale 1,8 miliardi di euro, +7% rispetto al 2021. La maggior parte delle aziende sanitarie ha intenzione di investire in Cybersecurity, Cartella Clinica Elettronica e nell’integrazione con sistemi regionali o nazionali. E se rallenta la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico, aumenta la richiesta di nuovi prodotti e servizi basati sul digitale in ambito sanitario. Alcune tecnologie a supporto del paziente a domicilio sono già abbastanza diffuse, come app per la salute o dispositivi indossabili per monitorare i parametri clinici, e quelle più innovative destano la curiosità dei pazienti.
Tra i medici però emerge preoccupazione sul possibile utilizzo inappropriato da parte dei cittadini dell’Intelligenza artificiale. Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.

Il Fascicolo Sanitario Elettronico

Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxa Pharma, emerge che nel 2023 il 35% dei cittadini ha fatto almeno un accesso al FSE (33% nel 2022) e la maggior parte (53%) afferma di averlo usato solo per le funzionalità legate all’emergenza Covid (consultazione del Green Pass, dei certificati vaccinali, ecc.). Anche nell’uso del Fascicolo si riscontra una situazione di stabilità, con il 57% che afferma di averlo utilizzato (54% del 2022), soprattutto per l’accesso a referti e ricette elettroniche.
Tra i servizi più interessanti per il futuro, la possibilità di visualizzare l’andamento dei propri parametri clinici (67%) e consultare informazioni specifiche sulla propria patologia (65%).

La Telemedicina

La maggior parte dei medici utilizza e-mail e WhatsApp per comunicare con i pazienti. Tuttavia, app o piattaforme di comunicazione dedicate all’uso sanitario sono sempre più considerate un’alternativa valida dai professionisti sanitari (33% medici specialisti, 38% medici di Medicina Generale, 40% infermieri), come emerge dalle rilevazioni svolte in collaborazione con AMD, AME, PKE e SIMFER, FIMMG, e FNOPI. Quanto alla Telemedicina, dopo la flessione riscontrata nel periodo successivo alla pandemia, sta vivendo una nuova ripresa. Il 39% dei medici specialisti e il 41% dei medici di Medicina Generale afferma di aver utilizzato servizi di Televisita, e rispettivamente il 30% e il 39%, ha fatto ricorso al Telemonitoraggio. 

Cartella Clinica Elettronica e AI

Lo sviluppo della Cartella Clinica Elettronica si conferma una priorità per le strutture sanitarie (75%): il 42% afferma di averne una attiva in tutti i reparti, mentre nel 23% dei casi solo parzialmente, e solo la metà dei medici specialisti la utilizza.
Le funzionalità più diffuse sono anamnesi e inquadramento clinico, e gestione e visualizzazione delle informazioni di riepilogo sul paziente, mentre ancora poco diffuse quelle più avanzate, legate al supporto decisionale. Tra le applicazioni di AI più diffuse, e più utilizzate dai medici specialisti, emergono invece le soluzioni per analizzare immagini e segnali a fini diagnostici o di trattamento.
Considerate come le più promettenti per il futuro (60%), il 29% delle strutture sanitarie ha già avviato le prime sperimentazioni in questa direzione.

Four Days Week: c’è chi la sta già adottando con successo 

Ha iniziato l’Islanda, uno dei primi paesi a testare tra il 2015 e il 2019 la settimana di quattro giorni per 35-36 ore di lavoro. E i risultati sono stati buoni, con le imprese che hanno registrato una maggior produttività e l’86% dei dipendenti che ha scelto i quattro giorni all’insegna del ‘meno stress’.
E in Italia? Nel nostro Paese non esiste ancora una normativa sul tema Four Days Week, ma alcune aziende hanno volontariamente ridotto l’orario di lavoro, e di recente Intesa Sanpaolo ha offerto ai suoi 74mila dipendenti la possibilità di concentrare il monte ore settimanale su quattro giorni anziché cinque, e di estendere lo smart working fino a 120 giorni l’anno.

Dalla Gran Bretagna al Giappone viva la settimana corta

In Nuova Zelanda le sperimentazioni sono iniziate nel 2018, introdotte da società come Unilever e poi rilanciate dal Governo, ma è in Gran Bretagna che è stato condotto il test più corposo. Tra giugno e dicembre dell’anno scorso hanno sperimentato la Four Days Week 61 imprese con quasi tremila dipendenti: aziende di software, di recruitment, industrie, società no profit e di ristorazione. I risultati sono andati al di là di ogni aspettativa. Delle 61 che avevano iniziato il test, 38 hanno esteso la sperimentazione della settimana corta e 18 hanno deciso di adottarla per sempre. Anche la Spagna nell’autunno del 2021 ha avviato un test triennale, con l’obiettivo di ridurre a 32 ore su quattro giorni la settimana lavorativa, mentre il Belgio nel 2022 ha introdotto la settimana corta ma senza tagliare le ore. L’idea è stata di concentrarle in quattro giorni previo accordo tra datore di lavoro e dipendente, con un periodo di prova di sei mesi. 

Quali sono i vantaggi?

Anche la Svezia, gli Stati Uniti e il Giappone stanno sperimentando l’adozione di questa formula lavorativa. Insomma, esperimento dopo esperimento, la Four Days Week sta diventando realtà in alcuni settori e in diversi paesi, europei e non. Ma quali sono i vantaggi? I benefici della Four Days Week sono innegabili. Al di là della miglior produttività e del benessere del dipendente, non vanno dimenticati quelli ambientali. Lavorare quattro giorni anziché cinque per i pendolari significa risparmiare chilometri e per le aziende utilizzare meno energia elettrica e riscaldamento.

Restano alcuni dubbi

Digitale a parte, in alcuni settori tradizionali rimodellare l’intera organizzazione su quattro giorni non è sempre facile. Come segnala l’Osservatorio del Politecnico di Milano, riferisce Ansa, vanno anche considerati gli impatti sui processi operativi e sulla necessità di coordinamento tra chi lavora quattro e chi cinque giorni, sia all’interno sia all’esterno dell’azienda.  Poi ci sono Paesi, come l’Italia, dove si lavora molto in termini di ore, ma con un basso livello di produttività. Quindi, l’introduzione della settimana breve andrebbe accompagnata a misure in grado di aumentare una produttività finora poco brillante.

Nome in codice Magi: i nuovi strumenti Google basati sull’AI

Lo rivela il New York Times: a maggio Google lancerà nuovi strumenti di AI. Si tratta di nuovi tool dal nome in codice ‘Magi’ basati sull’adozione della AI generativa nella vita quotidiana, come Google ha già cercato di fare con Bard. L’obiettivo di Bard e della AI applicata a Google è rendere più semplice e intuitivo l’accesso a informazioni complesse, traducendo domande formulate in linguaggio naturale in query di ricerca più precise, e restituire risultati pertinenti in modo efficiente. Google continua così la rincorsa nei confronti di Microsoft, che sta integrando le soluzioni di OpenAI nel proprio motore di ricerca Bing, e in futuro lancerà una versione di Office con assistente AI. In ogni caso, i nuovi tool all’inizio saranno disponibili solo negli Stati Uniti, e aperti a un massimo di un milione di utenti tester, riporta Adnkronos.

Completare transazioni senza passare dai siti di terze parti

Più in particolare, secondo il New York Times Google sarebbe al lavoro su due progetti paralleli legati al proprio motore di ricerca. Oltre a quello noto internamente con il nome in codice Magi, che punterebbe all’integrazione di funzionalità basate sull’AI nel servizio già online, il secondo porterebbe al lancio di una piattaforma completamente inedita. La prima iniziativa, Magi, dovrebbe essere ufficializzata forse in occasione dell’evento I/O 2023, con l’avvio di una fase di test strutturata in modo da coinvolgere un piccolo gruppo di utenti. Stando a quanto trapelato, grazie alle novità introdotte, chi naviga dovrebbe poter completare transazioni come l’acquisto di un prodotto o la prenotazione di un viaggio direttamente dall’interfaccia del servizio, senza passare dai siti di terze parti.

Simile alle potenzialità di ChatGPT

Sarebbero oltre 160 i dipendenti già al lavoro a tempo pieno per far sì che la visione si possa concretizzare in tempi brevi. Tra le funzionalità integrate, anche quella che permetterebbe di scrivere codice sulla base di una richiesta ricevuta. In estrema sintesi, qualcosa di simile a quelle che oggi sono le potenzialità di ChatGPT e di altri strumenti della stessa categoria. A condire il tutto, l’immancabile dose di advertising che permetterebbe alla società di evolvere e rafforzare il proprio business legato alle inserzioni pubblicitarie.

Un motore di ricerca tutto nuovo?

Come già detto, ci sarebbe poi un motore di ricerca tutto nuovo e potenziato da strumenti di AI. Le fonti dell’indiscrezione lo descrivono così: “Il nuovo motore di ricerca offrirebbe agli utenti un’esperienza molto più personalizzata rispetto all’attuale servizio della società, provando ad anticipare le loro esigenze”.
Nessuna tempistica indicativa per il lancio, riferisce Punto Informatico, perché in questo caso lo sviluppo sarebbe ancora nelle prime fasi. Le informazioni trapelate fanno riferimento a una modalità d’interazione basata sulla conversazione, richiamando dunque di nuovo alla mente le dinamiche tipiche dei chatbot (come già avviene per il nuovo Bing potenziato da GPT-4). È forse in questo ambito che il progetto Bard potrà esprimere tutte le sue potenzialità.

Apple si adegua e in Europa adotta la porta USB-C 

Secondo le voci di corridoio provenienti dalle catene produttive Apple, la società americana ha deciso di abbandonare il connettore Lightning per la ricarica dei suoi dispositivi in favore della connessione USB-C. Dopo dieci anni di utilizzo della sua tecnologia proprietaria, Apple si è dovuta adeguare al nuovo standard di ricarica, che ha già introdotto su iPad e Mac. La decisione dell’Unione Europea di rendere obbligatorio lo standard per tutti i dispositivi, ha fatto sì che Apple si prepari a immettere sul mercato nuove versioni dei suoi prodotti che utilizzano ancora il connettore Lightning, anche se non tutti. Secondo il Parlamento europeo, che ha votato in questo senso a ottobre 2022, le nuove linee guida dovrebbero far risparmiare ai consumatori dell’UE 250 milioni di euro all’anno, perché si eviterebbero acquisti di caricabatterie non necessari. Inoltre si ridurranno sensibilmente i rifiuti elettronici.

La “rivoluzione” inizia con i nuovi iPhone

La prima linea di dispositivi ad adottare l’USB-C., riferisce Adnkronos, sarà quella degli iPhone, a partire dalla quindicesima generazione, in arrivo a settembre 2023. La nuova connessione offrirà vantaggi non solo nella facilità di ricarica, ma anche in termini di velocità e efficienza di consumo. Si prevede che Apple possa incentivare il marketing del prossimo iPhone come il più veloce a ricaricare di sempre e con la batteria che dura più a lungo.

Anche gli accessori Mac seguiranno la direttiva

Insieme al nuovo iPhone, verranno lanciati anche gli accessori Mac, come il Magic Mouse, il Magic Trackpad e il Magic Keyboard, tutti dotati di connessione USB-C. Le AirPods Pro di seconda generazione saranno anch’esse aggiornate, mentre le AirPods di terza generazione e le AirPods Max rimarranno dotate del connettore Lightning almeno fino al 2024, quando Apple sarà obbligata ad aggiornarle per continuare a venderle in Europa.

Un cavo di ricarica uguale per tutti

In sintesi, Apple si unirà alla maggior parte dei produttori di dispositivi mobili che già utilizzano la connessione USB-C, abbandonando il proprio connettore proprietario. La decisione dell’Unione Europea di rendere obbligatorio lo standard USB-C, ha costretto Apple ad adeguarsi, immettendo sul mercato nuove versioni dei suoi prodotti che utilizzano ancora il connettore Lightning. Tuttavia, Apple si prepara a lanciare la prossima generazione di iPhone, accessori Mac e AirPods Pro di seconda generazione, tutti dotati di connessione USB-C, offrendo vantaggi in termini di velocità e efficienza di consumo.

Moringa, clorofilla, canapa o funghi shiitake? Ecco i superfood del 2023

Dopo anni di avocado, tè matcha e quinoa, siamo pronti a scoprire quali saranno i superfood del 2023. Oltreoceano è già mania, e anche sui social impazzano le classifiche con le ultime tendenze. A raccontarli anche qui da noi è CiboCrudo, il brand italiano di cibo plant-based e crudista, che ha sovrapposto i trend di TikTok e Instagram con gli studi scientifici e gli argomenti più dibattuti dagli esperti del settore. Ecco quali saranno le “specialità alle quali non dovremo rinunciare se vorremo essere sani, in forma, giovani e pieni di energia.

Dalla moringa alla canapa e alla clorofilla

Il 2023 sarà l’anno della moringa. Pianta sub-himalayana, è ricchissima di vitamina C, vitamina E, beta-carotene e proteine, che la rendono ufficialmente un ingrediente superstar. Si usa aggiungendo un cucchiaino di polvere di moringa al frullato per ottenere uno smoothie verde vibrante.  Anche i semi di canapa riempiranno i nostri piatti: provenienti dalla pianta della cannabis sativa, sono l’aggiunta perfetta a qualsiasi cosa si mangi. Dal vago sapore di nocciola, sono una riserva di acidi grassi omega-3 e vitamine che supportano la salute del cuore, le funzioni cerebrali e il sistema immunitario.  Un altro trend che arriva direttamente da TikTok: la clorofilla impazza e non si contano i video che consigliano di assumere clorofilla liquida o acqua alla clorofilla per guadagnarne in salute. Questa sostanza, fondamentale per le piante, fornisce effettivamente anche diversi benefici per la salute: ha proprietà antiossidanti, depurative, antimicrobiche, favorisce la digestione, è utile a riequilibrare la flora batterica dell’intestino, è ricca di vitamine.

Grassi buoni e funghi shiitake

Il 2023 sarà anche l’anno dei grassi buoni, e vegetali: i più attenti a un’alimentazione sana hanno già da tempo inserito nella propria dieta il burro di cacao, il burro di cocco, i burri di frutta secca in sostituzione o in alternativa ai grassi animali. Il 2023 sarà l’anno di definitivo sdoganamento, per fare il pieno di benefici. Largo ai funghi shiitake: sorprendono per il loro prezioso contenuto di beta-glucani, vitamine e amminoacidi, che possono sostenere il sistema immunitario esercitando un’azione antivirale, immunostimolante e immunomodulante. La vitamina D3, in particolare, è uno dei nutrienti anti-invecchiamento più trendy del momento. La polvere di shiitake può essere utilizzata come insaporitore di piatti crudi o cotti.

Ayurveda a tavola

Tra le erbe ayurvediche, che possono potenziare le funzioni cognitive, la più trendy è il brahmi. Se già nell’antica medicina ayurvedica si credeva che potesse “aprire la porta della piena conoscenza” oggi le ricerche scientifiche ne hanno rivelato i benefici per la memoria e l’apprendimento. Una dieta “salva memoria” – ricca cioè di cibi contenenti acidi grassi omega-3 e magnesio, e povera di alimenti troppo grassi e processati – non potrà farne a meno.

Carne o pesce? Le preferenze degli italiani per le Festività

Il Natale sta arrivando, e quali pietanze popolano le cucine del Bel Paese durante le Festività?
Fino a qualche decennio fa le usanze erano chiare. Al Centro e Sud Italia si festeggiava la Vigilia con un cenone ‘di magro’, mentre al Nord era d’obbligo il pranzo del 25 a base di carne.
Oggi i dati di Everli mostrano come al diffondersi di nuovi stili alimentari emergano menu delle festività ‘alternativi’, e tra una portata di carne e una di pesce, quest’anno faranno capolino piatti veggy o vegan, scelti da 1 italiano su 10 (10%).

Salmone, il Re del menu “di magro”

Se tra bovino e pollo gli italiani non riescono a scegliere, sul pesce non ci sono dubbi: il Re delle feste è il salmone. Dalla versione affumicata, al 1° posto tra le varietà di pesce più acquistate, al filetto al naturale (2°) fino al sashimi (6°), questa specie del nord Atlantico occupa 15 posizioni su 30 nel ranking dei prodotti di mare più venduti.
Tra chi sceglie un menu ‘di magro’, particolarmente apprezzato è anche il pesce bianco, come merluzzo (5°), orata (10°), baccalà (14°), platessa (18°) e persico (20°).  Ma contrariamente alla tradizione, non è il Sud a scegliere ricette di mare in occasione delle Feste, ma la provincia di Trieste.

Pollo, salsiccia o scottona?

Nella top 10 delle province che più spendono per carne e pesce Trieste è l’unica provincia a comparire solo nella classifica degli amanti del menu ‘di magro’ (7° posto), con preferenza per salmone, capesante e rombo. Benché presenti in entrambi i ranking, anche a Roma e Genova si preferisce il pesce, ma oltre al salmone, sempre presente, la Capitale aggiunge le vongole, mentre la Liguria il polpo. Piemontesi e lombardi optano invece per la carne. A Torino vince di poco un menu tradizionale a base di pollo, salsiccia e scottona. Il capoluogo piemontese è infatti al 2° posto della top 10 delle province italiane che più spendono per la carne, mentre scivola al 3° per il pesce. 
Anche i lombardi scelgono un menu di terra, soprattutto a Varese e Monza. In particolare, i varesini celebrano il Natale esclusivamente con piatti a base di pollo, bovino e suino, e si preparano per Capodanno facendo scorta di cotechino e zampone.

Per Milano e Bologna “mari e monti”

C’è poi chi preferisce non schierarsi nella lotta tra carne e pesce, e per Natale porta in tavola un menu ‘mari e monti’. In questo caso, è Milano al 1° posto in entrambe le classifiche, e in occasione delle festività spende di più sia per acquistare pollo, scottona e salsiccia sia per comprare salmone e pesce spada. Anche a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini si servono sia antipasti con salmone affumicato, primi alle vongole e secondi di pesce bianco, sia portate con la carne, con una predilezione particolare per il macinato.

Paola d’ordine wellbeing: le imprese italiane e il welfare

Secondo l’indagine internazionale Disconnect to Reconnect di Adecco, per il 73% delle aziende il wellbeing dei dipendenti è diventato molto importante per migliorare tasso di engagement (39%) e soddisfazione (24%). Un dato confermato dal Future Workplace 2021 HR Sentiment Survey condotto da Forbes, che rivela come il 68% dei responsabili hr senior consideri il benessere psicofisico del personale una delle massime priorità.
È wellbeing insomma la nuova parola d’ordine quando si parla di welfare aziendale, ovvero, di quelle iniziative promosse per migliorare la qualità di vita dei lavoratori tramite servizi e bonus di diversa natura. E oggi la scelta dei benefit aziendali è sempre più vasta: non solo buoni pasto o assicurazioni sanitarie, ma anche massaggi, frutta e verdura gratis, corsi di fitness e iniziative per acquisire o migliorare le competenze professionali.

Aumentano le Pmi con un livello di welfare elevato

Il cambiamento in atto è fotografato dal Welfare Index Pmi 2021, il report annuale sul welfare nelle Pmi italiane condotto da Innovation Team, che rivela come dal 2016 al 2021 le aziende con un livello di welfare elevato siano aumentate in modo significativo, passando dal 9,7% al 21%, e quelle con un welfare di base siano scese invece dal 49,3% al 35,8%. Catalizzatrice indiscussa del processo è stata la pandemia, che ha riportato al centro i lavoratori come persone, dando un ruolo di primo piano alle loro esigenze individuali.

La soddisfazione dei lavoratori si traduce in un vantaggio economico

Come spiega Randstad, il grado di benessere del personale e la qualità delle performance aziendali sono profondamente correlati. La creazione di un buon ambiente di lavoro e di un equilibrio tra lavoro e vita privata riducono i tassi di assenteismo incentivando la produttività e l’engagement dei team, e una maggiore soddisfazione dei lavoratori produce fidelizzazione, e dunque una minore rotazione del personale. Questo, si traduce in un vantaggio economico, dal momento che investire su dipendenti già assunti ha un costo inferiore rispetto a formare nuove risorse. Inoltre, l’appagamento dei dipendenti favorisce una buona reputazione aziendale, con maggiori possibilità di attrarre nuovi talenti.

Ma il 60% dei dipendenti non ha supporto in termini di benessere

Quando le politiche di welfare sono calibrate sui bisogni dei dipendenti i risultati non tardano ad arrivare. Lo dimostra il Welfare Index Pmi 2021: le società che utilizzano il welfare come leva strategica hanno avuto un ritorno in termini di produttività, soddisfazione e fidelizzazione della forza lavoro. Eppure, gli studi concentrati sul wellbeing e sui suoi effetti positivi sui bilanci aziendali si scontrano con un dato di segno opposto,  riporta Adnkronos.  Adecco rivela infatti che solo un 1/3 delle aziende mette in atto iniziative che vanno oltre l’offerta di orari e sedi di lavoro flessibili. Questo spiegherebbe perché il 45% dei dipendenti (60% in Italia) ritiene che la propria società non fornisca un supporto in termini di benessere.

Metaverso: cos’è e come funziona?

Ipsos, partner dell’Osservatorio Metaverso, creato dall’esperto del mondo digital Vincenzo Cosenza, ha condotto un’indagine per comprendere l’effettiva conoscenza e utilizzo del Metaverso in Italia. Questo nuovo strumento digitale attrae maggiormente gli over36, non solo avvezzi a questo tipo di realtà, ma anche fruitori di esperienze all’interno dei mondi over Internet. Quanto alla conoscenza del Metaverso, l’81% ne ha sentito parlare, ma la conoscenza è scarsa. Realtà virtuale e AI sono più conosciuti, spesso più per un bombardamento mediatico che per un reale approfondimento. Molto meno Blockchain, NFT e web 3.0. In particolare, GenX e Millennials battono i giovanissimi, che risultano meno a loro agio soprattutto quando si parla di criptovalute, NFT e Blockchain.

Un miglioramento delle attività online

Chi dichiara un atteggiamento maggiormente favorevole verso questi nuovi mondi sono gli over36, mentre gli under25 si dimostrano più indecisi. Facilità di accesso, costo eccessivo dei device e scetticismo legato al non sentirsi a proprio agio in un mondo virtuale sono le principali barriere all’utilizzo. In prospettiva, emerge l’aspettativa che il Metaverso porti un miglioramento delle attività online in quasi tutti gli ambiti, in particolare, quello legato a intrattenimento, connessione ed educazione. Per il 37% del campione sarà più facile incontrare persone diverse nei mondi virtuali che nella vita di tutti i giorni, e il 26% dichiara che potrebbe imparare di più su moda e tendenze nei mondi virtuali piuttosto che fare shopping nei negozi o online.

Nuove conoscenze e competenze

Chi ha partecipato ad attività immersive ha interagito principalmente con persone che conosceva già. Le attività a cui finora hanno partecipato riguardano maggiormente giocare e trascorrere il tempo con gli amici (quasi 50% GenZ), e circa il 30% ha esplorato un’altra città, principalmente Millennials.
Guardando al futuro rimane alto l’interesse per nuove conoscenze e competenze: frequentare corsi, esplorare città, assistere a concerti, spettacoli o film. Alla domanda ‘quali mondi virtuali ha visitato negli ultimi 6 mesi?’ oltre il 70% degli intervistati dichiara di non aver visitato nessun mondo virtuale. Tra quelli visitati, Minecraft e Fortnite sono in testa, ma con percentuali ancora poco significative.

Una realtà ancora lontana

Dalla ricerca emergono poi tre profili di utenti che si differenziano per conoscenza, utilizzo e attitudine verso il Metaverso: Entusiasti conoscitori (31%), il target che ha la più alta concentrazione di Millennials e GenX, Neofiti ottimisti (49%), con la più alta concentrazione di GenZ, e Scettici intimoriti (40%), distribuiti su tutte le generazioni. Le percentuali non polarizzate che descrivono il campione diviso nei tre profili di metapersonas mettono in luce un importante segnale: lo strumento Metaverso e gli altri elementi innovativi che compongono il web 3.0 sono attualmente vissuti come realtà ancora lontane. Sarà il domani a dare maggiore seguito sulla vita e applicazione di questi mondi paralleli.