Lo stato dell’acqua in Italia “perde”: colpa delle infrastrutture 

Emerge dallo studio realizzato dall’Istituto Eurispes sullo stato delle acque in Italia: siamo terzi in Europa nella classifica dei paesi con maggiori disponibilità di acqua, dietro solo a Svezia e Francia, ma allo stesso tempo siamo il paese con i maggiori consumi pro-capite di acqua potabile (oltre 220 litri giornalieri), e secondo per consumi in agricoltura.

In termini di prelievi pro-capite, con 155 metri cubi annui per abitante, siamo in seconda posizione, preceduti solo dalla Grecia (158) e seguiti da Bulgaria (118) e Croazia (113).
In Italia ogni anno vengono prelevati oltre 30 miliardi di metri di cubi di acqua per tutti i tipi di uso. Siamo al primo posto tra i Paesi Ue per la quantità di acqua dolce prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei.

La rete di distribuzione perde il 42,2% del volume immesso

Negli ultimi anni, numerosi studi hanno evidenziato una costante riduzione della quantità di acqua rinnovabile presente sul nostro territorio. Le proiezioni climatiche condotte da ISPRA evidenziano i possibili impatti a breve, medio e lungo termine dei cambiamenti climatici sul ciclo idrologico e sulla disponibilità di risorsa idrica.

In tema di risorse idriche la principale criticità nel nostro Paese riguarda la presenza di un sistema infrastrutturale antiquato e disfunzionale, concepito sulla base delle necessità degli anni Cinquanta.
L’esempio più emblematico riguarda le perdite idriche nella rete di distribuzione, che nel 2020 sono state pari al 42,2% del volume di acqua immessa. Il che equivale a una perdita pari a 3,4 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno.

Il problema sono le tubature

L’ammodernamento e il rifacimento della nostra rete idrica è forse uno degli elementi più urgenti da affrontare per recuperarne almeno una parte.
D’altro canto, risulta difficile aspettarsi alti livelli di efficienza da una rete che per il 60% risale ad almeno trent’anni fa, e di cui il 25% ha superato i 70 anni di vita. In diversi centri storici italiani, poi, le tubature risalgono addirittura al periodo post-unitario.

Diventa pertanto sempre più urgente adottare misure di adattamento ai cambiamenti climatici, che favoriscano un uso più razionale ed efficiente delle risorse a nostra disposizione.
Bisogna però prendere atto che la crisi idrica non è dovuta solamente a una carenza, spesso momentanea di materia prima, ma è piuttosto dovuta alla mancanza di impianti e reti adeguate sull’intero ciclo dell’acqua.

Senza investimenti la “siccità” diventa strutturale

In assenza di investimenti che possano favorire la captazione, l’immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione, la depurazione e il riuso delle acque si rischia di cronicizzare il problema rendendo la mancanza d’acqua una questione strutturale.
Basti pensare che l’Italia potrebbe recuperare, attraverso la depurazione e il riuso delle acque reflue, circa 8,5 miliardi di metri cubi di acqua (poco meno di un terzo dell’acqua consumata annualmente) da destinare all’agricoltura e all’irrigazione dei campi.