L’enoturismo accelera: crescono le cantine e si amplia l’offerta 

Un turismo che accelera, quello legato al vino, con l’aumento nel numero e nelle tipologie delle esperienze offerte ai viaggiatori eno-appassionati. Infatti, dal 3 aprile di 30 anni fa, quando a Verona nasceva la prima associazione sull’enoturismo, le cantine turistiche del Movimento Turismo del Vino sono triplicate, arrivando a 265, e hanno diversificato l’offerta. Determinante è stato il ruolo delle Donne del Vino e dei 145 comuni delle Città del Vino affiliati al Movimento, che per celebrare l’anniversario del Movimento hanno presentato a Vinitaly l’indagine a cura di Nomisma – Wine Monitor. Un’indagine che va a costituire un Osservatorio sul turismo del vino e attesta i dati di crescita del comparto. Ma anche qualche criticità.

La wine hospitality delle Donne del Vino

Benché le cantine turistiche italiane siano dirette soprattutto da uomini (55%), il management della wine hospitality è soprattutto femminile (73%). La wine hospitality delle Donne del Vino si differenzia per una maggiore diversificazione dell’offerta. Non solo vino, quindi, ma anche attività legate al benessere, alla ristorazione (28%) e ai corsi di cucina (40%), alla ricettività (36%), allo sport (piscine 15%) e all’organizzazione di visite a luoghi limitrofi o di collegamento a eventi culturali (50%). In altre parole, le donne stanno efficacemente trasformando l’attrattiva vino in una proposta di soggiorno con attività legate all’arricchimento culturale e alla rigenerazione, che ha origine nella natura.

L’identikit delle cantine turistiche italiane

La tipologia di cantina turistica più diffusa in Italia è quella piccola e familiare (39%), particolarmente presente in Campania, Puglia e Umbria. Seguono le cantine con rilevanza storica o architettonica (14%), più presenti in Veneto e in Piemonte, mentre le imprese con marchio famoso o storico sono il 12% del totale, particolarmente diffuse in Veneto e Sicilia. Piemonte, Toscana, Friuli e Sicilia si caratterizzano invece per imprese del vino con particolari bellezze paesaggistiche e naturalistiche (11%). mentre in Puglia e in Umbria è più alta la quota di cantine organizzate per l’incoming.

Parola d’ordine dei Comuni: fare sempre più rete

L’indagine evidenzia però due elementi critici: il 44% delle cantine sono lontane dai circuiti turistici o enoturistici, soprattutto in Friuli Venezia Giulia, Umbria e Campania. Inoltre, la metà delle cantine chiude al pubblico nel fine settimana e nei giorni festivi. Chiusura che riguarda anche molti uffici turistici, costituendo un problema rispetto ai flussi dei visitatori, più concentrati nei giorni di festa.
Come e cosa possono migliorare i Comuni per favorire l’enoturismo? Anzitutto potenziare gli uffici di informazione turistica e la loro apertura nei giorni festivi, poi sostenere la formazione del personale, anche degli uffici pubblici, in materia enoturistica. Inoltre, favorire la dotazione di strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale. E promuovere una maggiore condivisione delle collaborazioni per ‘fare sempre più rete’.

Il futuro degli italiani fra incertezze e strategie di risparmio

Il 38% degli italiani che riescono a risparmiare lo fanno perché condizionati da un futuro che percepiscono come incerto. Ma un italiano su 4 dichiara di spendere tutto quello che guadagna, e il 26% delle famiglie teme concretamente di non arrivare alla fine del mese. È quanto emerge dalla prima rilevazione dell’Osservatorio Changing World, il nuovo strumento sviluppato da Nomisma per supportare i decisori all’interno di aziende, associazioni e organizzazioni al fine di decifrare l’evoluzione dei mercati sulla base di elementi oggettivi. E in questo modo, poter individuare le strategie più efficaci per affrontare con successo un periodo storico complesso e particolarmente sfidante.

Il difficile contesto internazionale si riflette sui consumatori

Pandemia, conflitto russo-ucraino, impennata dei costi dell’energia e rialzo dell’inflazione sono i principali fattori che negli ultimi tre anni hanno colpito gli ecosistemi economici, produttivi e sociali, generando un diffuso clima di incertezza. Questo si riflette sui consumatori, che iniziano ad avvertire la diminuzione del loro potere d’acquisto. Un dato confermato dall’ultima rilevazione Istat, che ha visto le vendite al dettaglio diminuire dello 0,8% in volume.

Il decluttering del “carrello”

Dall’Osservatorio emerge come nell’ultimo anno l’88% delle famiglie italiane abbia adottato alcune strategie di risparmio per far fronte al rincaro dell’energia e all’aumento generale dei costi, fattori che incidono sulle scelte di acquisto. 
“Entrando nel dettaglio dell’indagine, vediamo che per contenere gli effetti dell’inflazione sul budget familiare, gli italiani optano per strategie di decluttering del carrello: riducendo gli sprechi (58%), rinunciando a prodotti e servizi ritenuti superflui (45%), e limitando gli acquisti a voci di spesa davvero essenziali (40%). A questo aspetto si unisce la ricerca di offerte e promozioni (51%)”, osserva Valentina Quaglietti, Senior Project Manager e Responsabile Osservatori Cliente di Nomisma.

Il 14% degli italiani guadagna meno di quanto avrebbe bisogno

Nonostante gli sforzi di contenimento delle uscite, il 14% degli intervistati ritiene di guadagnare meno di quanto avrebbe bisogno per sostenere le spese necessarie. Peraltro, il 25% degli italiani, per far fronte ai costi e agli imprevisti legati alle utenze, all’abitazione e all’alimentazione si ritrova a spendere tutto il budget familiare a disposizione, senza potersi permettere altro. Il 7% rinuncia al risparmio per acquistare beni e servizi non strettamente necessari ma che consento di condurre una vita in qualche modo più agiata. Il 54%, invece, riesce ad accantonare qualcosa, senza dover fare troppe rinunce, in virtù di una spesa minore rispetto alle sue entrate.

Space economy: in Italia l’osservazione della Terra vale 200 milioni di euro

Il mercato della Space economy è sempre più in crescita: a livello mondiale si attesta attorno ai 100 miliardi di dollari. Nel 2022 in Italia il mercato dei servizi di Osservazione della Terra in particolare ha raggiunto il valore di 200 milioni di euro, con 144 imprese del segmento downstream che offrono soluzioni e servizi di Digital Innovation basati su tecnologie e dati satellitari. Proprio il settore dell’Osservazione della Terra è il più rappresentato nelle applicazioni Satellite-Based: sono 421, la maggioranza delle 1008 censite a livello mondiale, seguite da applicazioni di navigazione satellitare (384) e di comunicazione satellitare (203). Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano. 

Mercato e ambiti di applicazione

Il 65% del fatturato complessivo del settore Osservazione della Terra è legato a enti pubblici nazionali o sovranazionali, agenzie spaziali ed enti pubblici locali. Il 35% proviene da grandi imprese, Pmi e startup. I principali ambiti di applicazione riguardano svariati settori: agricoltura, energia, servizi di pubblica utilità, finanza, assicurazioni, ambiente, wildlife. Le imprese del segmento downstream (IT provider e System Integrator) sono 144 e hanno un’offerta eterogenea, dai dati ai servizi, passando per tecnologie abilitanti come piattaforme e infrastrutture. Per il 55% delle aziende i sensori ottici sono la fonte dati principale, mentre il 45% si appoggia prevalentemente su tecnologie Sar (Synthetic Aperture Radar). Il 56% dei dati utilizzati proviene da fonti pubbliche europee, il 14% da fonti pubbliche extraeuropee, il 12% da dati pubblici italiani, e l’11% dati privati di grandi multinazionali.

Investimenti in startup

Il calo nei finanziamenti alle startup del settore a livello globale può essere spiegato dal crollo delle operazioni di Spac (Special Purpose Acquisition Company), che hanno subito un’azione regolatoria a febbraio 2022 e sono calate anche a seguito dell’instabilità geopolitica e la crisi dei mercati finanziari.
Al netto delle operazioni di Spac gli investimenti in startup della Space Economy negli ultimi anni risulta stabile. In termini di filiera, l’upstream (aziende dell’industria spaziale) tende ad attrarre maggiori investimenti (60% del totale) per la necessità di progettare e sviluppare nuova infrastruttura, mentre il downstream, il cui focus risiede nello sviluppo di servizi a valore aggiunto all’intersezione tra dati spaziali e tecnologie digitali, si attesta a circa 3,2 miliardi di euro (40%).

Il paradigma dell’as-a-service

Le imprese integrate verticalmente raccolgono 4,5 miliardi di euro di finanziamenti (oltre 50%). L’offerta di servizi a valore aggiunto viene sempre più affiancata dalla progettazione e realizzazione dello stesso satellite. Diverse startup ormai prossime alla fase di scaling stanno adottando la logica di costruire l’infrastruttura internamente. Al fine di superare le difficoltà dovute a grandi investimenti e tempi lunghi, alcune startup hanno iniziato ad articolarsi come piattaforma di Space-as-a-Service sull’onda dell’Everything-as-a-Service, che continua a caratterizzare i business digitali. Data l’intensità di capitale, questa configurazione può rappresentare un vero e proprio game-changer per l’intero comparto. Il paradigma dell’as-a-Service risulta dunque uno dei trend di maggiore interesse da osservare nei prossimi anni.

Vino: nel 2023 un mercato tra incertezze e prospettive

Forte del nuovo record nell’export, ma davanti a un calo nelle vendite a volume in GDO rispetto al 2021, nel 2023 l’Italia del vino si prepara ad affrontare un anno carico di incertezze. Eppure, i segnali che arrivano dal mercato non sono solo negativi, e preannunciano nuove opportunità di crescita. 
Sono alcune evidenze emerse dalla nona edizione del Forum Wine Monitor di Nomisma, che ha l’obiettivo di decifrare i trend del momento per individuare le possibili traiettorie di sviluppo per il settore vinicolo italiano. Un’edizione che si inserisce in un contesto pieno di incertezze e nuove sfide per la filiera italiana del vino, come inflazione, rallentamenti economici, costi legati all’energia e tensioni geopolitiche internazionali.

Nuovi scenari evolutivi

Secondo le stime Wine Monitor, nel 2022 il vino italiano ha raggiunto 8 miliardi di euro di esportazioni, con una progressione rispetto all’anno precedente del 12%. Anche la Francia è cresciuta, arrivando a 12,5 miliardi di euro di export vinicolo, mentre la Spagna (terzo esportatore mondiale) si è dovuta ‘accontentare’ di un aumento di circa il 6% (3 miliardi di euro). Spostandosi sul mercato interno, secondo i dati forniti da NielsenIQ il 2022 ha evidenziato una flessione nelle vendite dei vini venduti nel canale della Distribuzione a Libero Servizio, soprattutto a volume (-6,4% rispetto all’anno precedente), a fronte di un calo a valore dell’1,8%. Occorre anche segnalare che i livelli di vendita sono risultati comunque superiori, sia nei valori sia nelle quantità, a quelli pre-pandemici del 2019.

Il ritorno ai consumi “fuori casa”

“Tra i fattori che hanno determinato questo calo, ricordiamo da un lato l’aumento dei prezzi, che ha ridotto in parte la capacità di acquisto dei consumatori che vanno in GDO, ma dall’altro il 2022 ha visto finalmente un ritorno dei consumi al ristorante – spiega Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor -. Questo perché, allentate le politiche sanitarie emergenziali legate al Covid, gli italiani come tutti gli europei hanno ripreso le precedenti abitudini, e spostando gli acquisti dalla GDO al consumo fuori casa. L’altro grande fattore è stato la ripresa del turismo straniero, dopo gli anni più critici della pandemia”. 

Strategie future dei produttori e sostenibilità

“La preoccupazione maggiore per il 2023 investe due aspetti: il primo coinvolge i costi – commenta Francesca Benini, Sales & Marketing Director di Cantine Riunite & Civ -, il secondo riguarda il comportamento d’acquisto del consumatore”. Da un lato infatti aumenta la propensione verso il canale discount, mentre dall’altro aumentano i consumi away from home.
“Le strategie future dei produttori di vino non potranno prescindere da alcuni trend internazionali, come quello della sostenibilità e della figura del nutrizionista consapevole, ovvero del consumatore attento al proprio benessere e a quello del pianeta – aggiunge Benini -. Le aziende e i brand che saranno in grado di richiamare questa sensibilità, a partire dalla comunicazione e dall’etichetta, saranno premiate dal mercato”.

Nel 2023 le bollette saranno meno salate? Non per tutti

Con l’inizio del nuovo anno si spera nella stabilizzazione delle tariffe di luce e gas e di un calo generale dei prezzi. In caso contrario, per molte famiglie italiane la situazione potrebbe diventare davvero drammatica. Nel 2022 gli italiani hanno dovuto fronteggiare spese inaspettate ed eccessive per le bollette di luce e gas, e molti si chiedono se il caro bollette nel 2023 sia destinato a perdurare, o a migliorare.  Purtroppo, per tutti gli italiani che hanno ancora un contratto in regime di maggior tutela, per le bollette del gas non ci sono buone notizie. Secondo quanto comunicato dall’ARERA, infatti, è previsto un aumento di circa il 23% sul prezzo del gas. 

Notizie più confortanti sul versante dell’energia elettrica

Una notizia che proprio non ci voleva, soprattutto a gennaio, dato che per molte famiglie italiane rinunciare al riscaldamento non è possibile. Notizie sicuramente più confortanti arrivano invece sul versante dell’energia elettrica. L’ARERA ha infatti comunicato che durante il primo trimestre del 2023 si dovrebbe assistere a un calo significativo dei prezzi della luce in bolletta, che dovrebbe superare il 19%. Anche in questo caso, si tratta delle tariffe applicate ai clienti che hanno ancora attivo un contratto nel regime di maggior tutela. Discorso completamente diverso per coloro che hanno scelto di passare al libero mercato, che possono contare su prezzi nettamente più vantaggiosi.

Il mercato libero alleggerisce le bollette

Gli italiani passati al mercato libero potranno contare su bollette nettamente più leggere nei prossimi mesi. I fornitori stanno già iniziando a proporre offerte luce e gas più convenienti, e possono permettersi di farlo, perché il costo della materia prima di fatto è calato drasticamente. Questa è senza dubbio un’ottima notizia, anche perché chiunque ha la facoltà di cambiare fornitore o passare a un’offerta del mercato libero in ogni momento. Le opportunità per risparmiare iniziano quindi a essere sempre più evidenti e dopo i mesi bui del 2022 lasciano finalmente intravedere qualche spiraglio di sereno.

Le offerte più vantaggiose sono quelle a prezzo indicizzato

Le offerte più vantaggiose del mercato libero sembrano essere quelle a prezzo indicizzato. Vale dunque la pena scegliere queste per ottenere il massimo del risparmio, e non trovarsi a sostenere bollette salatissime anche durante l’anno appena iniziato. Insomma, si può dunque affermare che la situazione nel 2023 dovrebbe rivelarsi decisamente meno preoccupante rispetto a quella del 2022. È tuttavia importante compiere le scelte giuste, e trovare un fornitore in grado di proporre offerte effettivamente vantaggiose, rigorosamente nel mercato libero e non nel regime di maggior tutela.

Bonus Mobili: aumenta il tetto di spesa per il 2023

Durante l’anno si può approfittare di diversi Bonus messi a disposizione dallo Stato. Tra questi c’è il Bonus Mobili, un’agevolazione fiscale introdotta dallo Stato italiano con la legge di bilancio di qualche anno fa, e successivamente prorogata. In dettaglio, il Bonus Mobili è una detrazione fiscale del 50% sull’acquisto dei mobili e degli elettrodomestici di classe A+ o superiore, destinati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione edilizia. E per l’anno 2023 il Bonus Mobili presenta diverse novità, tra cui l’innalzamento dell’importo massimo a 16.000 euro.

Un’opportunità per chi vuole rinnovare l’arredamento 

Il Bonus Mobili rappresenta un’importante opportunità per chi vuole rinnovare l’arredamento della propria casa o della propria attività commerciale, sia un’abitazione privata o una struttura ricettiva. 
Grazie alla detrazione fiscale del 50%, infatti, è possibile risparmiare sull’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di alta qualità, contribuendo al contempo a ridurre i consumi energetici e a migliorare la qualità dell’aria interna. Se si sta pensando di effettuare una ristrutturazione edilizia e si intende approfittare del Bonus Mobili, bisogna ricordare di fare riferimento alle disposizioni della legge di bilancio 2023, e di conservare tutta la documentazione necessaria per poter beneficiare della detrazione fiscale.

Per ottenerlo è necessario rispettare alcuni requisiti


Per ottenere il Bonus l’acquisto dei mobili deve essere effettuato nell’ambito di una ristrutturazione edilizia documentata da apposita dichiarazione di inizio attività (DIA), un permesso di costruire o una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) regolarmente presentata. I lavori di ristrutturazione devono essere stati effettuati su un immobile oggetto di ristrutturazione che sia di proprietà dell’acquirente, o su un immobile locato dall’acquirente, a condizione che sia stato stipulato un contratto di locazione a canone concordato. Gli acquisti poi devono essere effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre, e i pagamenti devono essere effettuati con modalità tracciabili (bonifico bancario, carte di credito o di debito).

Come utilizzarlo?

La detrazione spetta solo per gli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per il forno), a eccezione di cucine componibili, caminetti, stufe, apparecchi per il riscaldamento, forni a microonde, lavatrici, lavastoviglie, apparecchi di climatizzazione, prodotti per il trattamento dell’acqua.
Una volta soddisfatti i requisiti per ottenere il Bonus Mobili, è possibile utilizzarlo in due modi,
in sede di dichiarazione dei redditi, presentando il modello 730 o il modello Unico, o mediante il modello F24, in cui verrà indicato il codice tributo 1936. La detrazione spetta per un importo massimo di 16.000 euro per unità immobiliare e può essere fruita in 10 quote annuali di pari importo. Precedentemente era 10.000 euro, ma il tetto per il 2023 è stato elevato.

Imprese lombarde: in un anno raddoppiano le cessazioni

Un fenomeno che potrebbe rappresentare l’avvio di un processo di ‘smaltimento’ delle mancate cessazioni degli anni scorsi, caratterizzati da bassi livelli di mortalità anche grazie alle misure di sostegno intraprese dal Governo per contrastare gli effetti della pandemia. Si tratta delle cessazioni d’impresa, che in Lombardia nel terzo trimestre del 2022 arrivano a 17.754. Un numero più che raddoppiato su base annua, con una crescita del +144,3% rispetto all’analogo periodo del 2021. L’incremento è guidato dalle cancellazioni d’ufficio messe in atto dalle Camere di Commercio per eliminare posizioni formalmente attive, ma non più operative, che risultano 10.048. Ma aumentano comunque anche le cessazioni dichiarate dalle imprese, sebbene meno intensamente: sono infatti 7.526. Sono alcuni risultati dell’ultimo rapporto di Unioncamere Lombardia sull’andamento della demografia delle imprese.

Le iscrizioni si confermano ai livelli pre-Covid: +0,2%

Sempre secondo il rapporto di Unioncamere, all’incremento delle cessazioni si accompagna una stabilità delle iscrizioni, che sono pari a 10.630, e segnano una crescita del +0,2%, confermandosi sui livelli pre-Covid. Si tratta di un dato che testimonia la resilienza della Lombardia di fronte al peggioramento delle prospettive economiche. A livello nazionale il flusso di nuove imprese risulta infatti in diminuzione. Dopo sei trimestri di crescita la dinamica fra iscrizioni e cessazioni si traduce però in un calo complessivo del numero di imprese lombarde attive. Con un -0,6% su base annua ora risultano infatti 818.305.

Commercio e industria -2,6%, alloggio e ristorazione -1,8%

La diminuzione del numero di imprese attive risulta particolarmente intensa nel settore del commercio, dove segna un -2,6%, nell’industria, che segna  ugualmente un -2,6%, e nelle attività di alloggio e ristorazione, a -1,8%. Anche il settore delle costruzioni torna in territorio negativo (-1,3%), ma lo stock di imprese edili rimane comunque ampiamente superiore ai livelli pre-Covid. E sebbene il processo di contrazione stia rallentando, l’agricoltura conferma la tendenza strutturale al ridimensionamento (-0,9%), mentre gli altri servizi rimangono il solo settore in crescita, con un +1,7%.

“Il fenomeno potrebbe proseguire anche nei prossimi trimestri”

“L’aumento delle cessazioni d’impresa è un campanello d’allarme: dopo la crisi dovuta alla pandemia, il conflitto in Ucraina e le tensioni sui mercati dell’energia stanno mettendo a dura prova il nostro sistema economico – ha dichiarato il Presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio -. Se le prospettive continueranno a deteriorarsi, anche la propensione a fare impresa potrebbe risentirne, e il fenomeno potrebbe proseguire nei prossimi trimestri”.

Settori merceologici e multicanalità, come si comportano gli italiani?

Nel corso dell’ultimo anno sono cresciuti ulteriormente i consumatori multicanale in Italia, tanto che oggi sono ben 46,3 milioni, pari all’89% della popolazione. In particolare, aumentano i consumatori digitali più maturi passando da 17,1 milioni nel 2021 a 19,7 nel 2022 (+10%). Ancora, si scopre che il settore dei viaggi resta saldo al primo posto per numero di individui che utilizzano internet all’interno del processo di acquisto, mentre aumentano i consumatori che scelgono il web sia in fase di ricerca informazioni (73%, +2%), sia in fase d’acquisto (45%, + 2%). Sono alcuni dei principali dati emersi dalla dalla ricerca dell’Osservatorio Multicanalità promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da NielsenIQ.

Il percorso di acquisto multicanale nei principali settori

Il mezzo digitale è ormai permeato in modo rilevante in tutti i settori merceologici analizzati e su tutte le fasi d’acquisto. Ma come e quanto? Per il Largo consumo i consumatori cercano le informazioni prevalentemente offline (76%), in particolare tramite volantini cartacei e volantini digitali. La tendenza è confermata anche per la fase di acquisto, che avviene unicamente nel punto vendita per il 77% degli acquirenti della categoria. Anche per i consumatori più evoluti, molto legati al mondo web, la percentuale di coloro che acquistano unicamente online è molto bassa (7%). Per quanto riguarda i viaggi, come dicevamo, il settore registra la percentuale più alta di consumatori che ricercano le informazioni online: il 73%. La rete viene scelta anche nella fase d’acquisto, con il 45% delle preferenze, mentre il 24% sceglie la modalità ibrida. Per quanto concerne l’Elettronico/Informatica, il 68% del campione, perlopiù under 54, ricerca in rete le informazioni sul settore. La metà degli intervistati dichiara di utilizzare Amazon anche come fonte informativa. L’acquisto avviene principalmente in modalità ibrida (46%), mentre preferisce comprare esclusivamente in rete il 14% dei consumatori.

Utilizzo del web più contenuto nell’Abbigliamento e Beauty

Analizzando altri settori merceologici, si scopre che solo il 33% dei consumatori del settore Beauty ricerca le informazioni online. Il punto vendita fisico viene scelto anche per la fase di acquisto, con il 66% delle preferenze. Simile il comportamento per l’Abbigliamento: anche in questo caso, l’utilizzo del web rimane contenuto sia per la ricerca delle informazioni (34% degli users), sia per l’acquisto: infatti, il 57% preferisce comprare nel punto fisico. In ogni caso, il mezzo digitale è ormai permeato in modo rilevante in tutti i settori merceologici analizzati e su tutte le fasi d’acquisto. Prima dell’acquisto il supporto principale del mezzo online sta nella ricezione di offerte personalizzate per tutte le categorie merceologiche, tranne Elettronico/Informatica. Altre due funzioni rilevanti di internet nel pre-acquisto sono la comparazione di diverse marche, richiamata tra le prime tre di tutte le industry, e la lettura di feedback/recensioni, che viene richiamata tra le prime quattro di tutti i settori.

Estate 2022: l’85% dei vacanzieri ha scelto l’Italia 

A quanto emerge dall’Osservatorio sul Turismo Nomisma-Unicredit, sono 28,6 milioni gli italiani che tra giugno e settembre hanno trascorso almeno una notte fuori casa. L’85% di loro ha scelto l’Italia, privilegiando Puglia (13%), Sicilia (10%) e Toscana (9%). Il 12% ha invece viaggiato in Europa, con Spagna, Francia e Grecia le mete più gettonate. Insomma, una rinnovata voglia di viaggiare contraddistingue l’estate 2022, con i viaggi organizzati almeno un mese prima della partenza da due traveller su 3, e il 35% che ha invece puntato su opzioni last minute.
Chi non è partito lo ha fatto per motivi economici (50%), per una situazione economica non favorevole (55%) o per risparmiare (45%). Ma il 28% si è comunque concesso gite in giornata ed escursioni.

Mare, montagna, città d’arte, con la famiglia o gli amici

Le mete predilette sono state quelle marine (59%), seguite da montagna (12%), grandi città d’arte (9%), borghi a vocazione culturale (6%), o paesaggistica (6%). Per gli italiani le vacanze estive si sono confermate un’occasione per stare con la famiglia (59%) o con gli amici (17%), ma anche un pretesto per dedicare momenti a sé stessi (16%) o stringere nuove amicizie (6%).
Le vacanze 2022 sono state all’insegna del relax per il 62% dei viaggiatori, che per descrivere le vacanze evocano il contatto con la natura (46%), i piaceri legati all’enogastronomia locale (39%), la cultura (23%) e il divertimento (13%). 

Si apprezza l’offerta enogastronomica e la cordialità della struttura

Delle località visitate gli italiani hanno apprezzato soprattutto l’offerta enogastronomica (24%), l’attenzione dedicata ad ambiente e sostenibilità (24%), l’offerta culturale (19%), e l’attenzione degli operatori verso le esigenze del turista (19%).  A incidere sulla soddisfazione per la struttura ricettiva sono state soprattutto cortesia e competenza dello staff (67%), e la presenza di una connessione veloce (53%). Feedback positivi poi per la posizione strategica rispetto a luoghi di interesse (61%) e le condizioni e lo stato della struttura (60%). 
Inoltre, 1 ospite su 4, ha apprezzato la proposta di gite e escursioni, il 24% la qualità del servizio ristorazione, e il 22% la presenza di menu in grado di rispondere a esigenze e stili alimentari.

Operatori turistici in difficoltà

Il 67% degli albergatori denuncia criticità nello svolgimento della propria attività, e il 6% pensa di non riuscire a garantire l’apertura nel corso del 2023. Inflazione e interruzioni nelle catene di approvvigionamento i principali ostacoli: il 90% degli operatori lamenta l’aumento dei costi legati all’energia, il 70% l’incremento dei prezzi, il 20% difficoltà nel reperire materie prime e il 18% ritardi nelle consegne. A questo si aggiungono una minore capacità di spesa da parte dei turisti (56%) e una domanda ancora sotto i livelli pre-pandemici. Inoltre, il 39% fatica a reperire personale, mentre il 27% sottolinea l’incremento del costo del lavoro. L’81% però sta già adottando strategie per gestire le difficoltà: innalzando i prezzi di camere (75%) e servizi (43%) o riducendo i mesi di apertura (34%). 

Come cambiano i consumi non food?

Come sono stati i consumi non alimentari degli italiani nel 2021? E quali sono le tendenze per il 2022, un anno segnato da tante incertezze? A queste e ad altre questioni sul modo di acquistare dei nostri connazionali risponde la ventesima edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, lo studio che ogni anno offre uno sguardo d’insieme, ragionato e trasversale del mondo non alimentare, analizzandone i consumi, i canali di vendita, le tendenze, il consumatore tipo, tra innovazioni tecnologiche e trasformazioni del mercato.

Tutti i comparti mostrano trend in crescita

Lasciata alle spalle la pandemia e i suoi strascichi, evidentemente gravosi per il comparto commerciale, i consumi delle famiglie (dato Istat a valori correnti) hanno ripreso la loro dinamica positiva, con una crescita complessiva di +7,1%. Nel 2021, secondo Istat, la spesa media mensile delle famiglie residenti in Italia è in marcata ripresa (+4,7%), anche se, considerando il peso dell’inflazione, la crescita in termini reali è un po’ meno ampia. Nell’Osservatorio Non Food 2022 di GS1 Italy emerge che tutti i singoli comparti mostrano trend in crescita rispetto al 2020, molti anche a doppia cifra. A partire da quello di abbigliamento e calzature, che chiude il 2021 con un incremento del giro d’affari pari a +18,7% (che però non basta a recuperare i livelli di vendite pre-Covid), seguito da mobili e arredamento (+17,0%) e dall’elettronica di consumo (+10,2%) che mantiene lo status di primo mercato a valore nel Non Food. Crescite significative anche per ottica, profumeria e articoli per lo sport, più contenute quelle dei prodotti di automedicazione e dei casalinghi, che però registrano fatturati superiori a quelli pre-Covid. 

Nuove tecnologie digitali per lo shopping

Tra gli effetti della pandemia, rimane una nuova abitudine da parte degli italiani a utilizzare tecnologie digitali anche per fare shopping, tendenza che si è confermata ed evoluta nel 2021. Rispetto al pre-Covid, il 30% dei consumatori dichiara di aver adottato nuovi comportamenti d’acquisto, in particolare ricorrendo agli acquisti via web. Le forme di distribuzione alternativa (a domicilio, per corrispondenza, distributori automatici, Internet) sono state interessate da una crescita importante (+13,8%) trainata dai siti dell’e-commerce: nel 2021 le vendite online sono aumentate soprattutto per i farmaci da banco, per i prodotti di profumeria e per l’edutainment. Ma è nell’elettronica di consumo che l’e-commerce ha registrato il maggior fatturato aggiuntivo, grazie all’espansione di +10,9% delle vendite. Circa un terzo dei consumatori, inoltre, dichiara di avere sfruttato modalità di acquisto e di delivery più flessibili, come ordini in remoto (pc o telefono) con ritiro in punto vendita oppure ordini in store con consegna a domicilio. E i canali digitali sono sempre più presenti in tutte le fasi del percorso di acquisto del consumatore, dalla scoperta del brand alla fase di “conversione”, diventando sempre più importanti anche come canali di marketing.