Valori, come guidano le scelte di acquisto dei consumatori?

Ognuno di noi ha una precisa scala di valori, alla quale cerca di attenersi nelle diverse situazioni della vita. Tali valori, però,  hanno pesi diversi a seconda del momento della nostra esistenza. In ogni caso, a prescindere dalle differenze generazionali, i valori guidano anche le decisioni di acquisto. Per un numero crescente di consumatori, infatti, la scelta di cosa acquistare non è più legata solo al prezzo o al prodotto, ma anche ai valori che un brand incarna. In sintesi, chi deve effettuare un acquisto predilige i marchi che in qualche modo incarnano la medesima visione del mondo. Di conseguenza, la comunicazione aziendale deve tenere sempre più conto dell’attualità, dei valori e dei temi della contemporaneità, anche se questi potrebbero sembrare “lontani” dai propri mercati di riferimento. Poiché i consumatori hanno sensibilità diverse, per le aziende è oggi un imperativo comprendere quali siano le problematiche più vicine e più sentite dal loro target.

I benchmark della Generazione Z

Queste nuove indicazioni sono inserite nel rapporto Gfk “Sinotica Highlights: generazioni a confronto”. Dall’analisi, ad esempio, si può rilevare rilevato che i temi “caldi” tra le giovani generazioni in Italia sono soprattutto l’inclusione e l’abbattimento delle barriere. Per la fascia di età 20-24 anni della GenZ, valori come l’inclusione, la lotta al razzismo e al body shaming, la fluidità di genere e le pari opportunità di lavoro per uomini e donne sono assolutamente fondamentali. Inoltre, questo segmento di giovani italiani è particolarmente coinvolto quando brand e aziende prendono posizione su questi temi.

Gli “over” attenti alla tutela del Made in Italy

I valori degli italiani over 55 sono notevolmente diversi. Per la fascia di età più matura, la crisi sanitaria e climatica e la tutela del Made in Italy sono senza dubbio valori fondamentali. In particolare, il Made in Italy è un importante driver di acquisto per questo specifico target: il 72% degli over 55 apprezza le aziende che si impegnano nella tutela dei prodotti italiani.

Linguaggi e media diversi a seconda del target

A seconda dei target e dell’età del pubblico di riferimento, vanno di conseguenza adattati anche i linguaggi di comunicazione, al fine di renderli efficaci. Ad esempio, nella fascia di età 14-19 anni, gli spot spettacolari con elementi trasgressivi e che utilizzano celebrità come testimonial sono particolarmente apprezzati. Pertanto, per comunicare in modo produttivo, è imperativo utilizzare non solo linguaggi, ma anche media e touchpoints appropriati.

Space economy: in Italia l’osservazione della Terra vale 200 milioni di euro

Il mercato della Space economy è sempre più in crescita: a livello mondiale si attesta attorno ai 100 miliardi di dollari. Nel 2022 in Italia il mercato dei servizi di Osservazione della Terra in particolare ha raggiunto il valore di 200 milioni di euro, con 144 imprese del segmento downstream che offrono soluzioni e servizi di Digital Innovation basati su tecnologie e dati satellitari. Proprio il settore dell’Osservazione della Terra è il più rappresentato nelle applicazioni Satellite-Based: sono 421, la maggioranza delle 1008 censite a livello mondiale, seguite da applicazioni di navigazione satellitare (384) e di comunicazione satellitare (203). Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Space Economy della School of Management del Politecnico di Milano. 

Mercato e ambiti di applicazione

Il 65% del fatturato complessivo del settore Osservazione della Terra è legato a enti pubblici nazionali o sovranazionali, agenzie spaziali ed enti pubblici locali. Il 35% proviene da grandi imprese, Pmi e startup. I principali ambiti di applicazione riguardano svariati settori: agricoltura, energia, servizi di pubblica utilità, finanza, assicurazioni, ambiente, wildlife. Le imprese del segmento downstream (IT provider e System Integrator) sono 144 e hanno un’offerta eterogenea, dai dati ai servizi, passando per tecnologie abilitanti come piattaforme e infrastrutture. Per il 55% delle aziende i sensori ottici sono la fonte dati principale, mentre il 45% si appoggia prevalentemente su tecnologie Sar (Synthetic Aperture Radar). Il 56% dei dati utilizzati proviene da fonti pubbliche europee, il 14% da fonti pubbliche extraeuropee, il 12% da dati pubblici italiani, e l’11% dati privati di grandi multinazionali.

Investimenti in startup

Il calo nei finanziamenti alle startup del settore a livello globale può essere spiegato dal crollo delle operazioni di Spac (Special Purpose Acquisition Company), che hanno subito un’azione regolatoria a febbraio 2022 e sono calate anche a seguito dell’instabilità geopolitica e la crisi dei mercati finanziari.
Al netto delle operazioni di Spac gli investimenti in startup della Space Economy negli ultimi anni risulta stabile. In termini di filiera, l’upstream (aziende dell’industria spaziale) tende ad attrarre maggiori investimenti (60% del totale) per la necessità di progettare e sviluppare nuova infrastruttura, mentre il downstream, il cui focus risiede nello sviluppo di servizi a valore aggiunto all’intersezione tra dati spaziali e tecnologie digitali, si attesta a circa 3,2 miliardi di euro (40%).

Il paradigma dell’as-a-service

Le imprese integrate verticalmente raccolgono 4,5 miliardi di euro di finanziamenti (oltre 50%). L’offerta di servizi a valore aggiunto viene sempre più affiancata dalla progettazione e realizzazione dello stesso satellite. Diverse startup ormai prossime alla fase di scaling stanno adottando la logica di costruire l’infrastruttura internamente. Al fine di superare le difficoltà dovute a grandi investimenti e tempi lunghi, alcune startup hanno iniziato ad articolarsi come piattaforma di Space-as-a-Service sull’onda dell’Everything-as-a-Service, che continua a caratterizzare i business digitali. Data l’intensità di capitale, questa configurazione può rappresentare un vero e proprio game-changer per l’intero comparto. Il paradigma dell’as-a-Service risulta dunque uno dei trend di maggiore interesse da osservare nei prossimi anni.

Vino: nel 2023 un mercato tra incertezze e prospettive

Forte del nuovo record nell’export, ma davanti a un calo nelle vendite a volume in GDO rispetto al 2021, nel 2023 l’Italia del vino si prepara ad affrontare un anno carico di incertezze. Eppure, i segnali che arrivano dal mercato non sono solo negativi, e preannunciano nuove opportunità di crescita. 
Sono alcune evidenze emerse dalla nona edizione del Forum Wine Monitor di Nomisma, che ha l’obiettivo di decifrare i trend del momento per individuare le possibili traiettorie di sviluppo per il settore vinicolo italiano. Un’edizione che si inserisce in un contesto pieno di incertezze e nuove sfide per la filiera italiana del vino, come inflazione, rallentamenti economici, costi legati all’energia e tensioni geopolitiche internazionali.

Nuovi scenari evolutivi

Secondo le stime Wine Monitor, nel 2022 il vino italiano ha raggiunto 8 miliardi di euro di esportazioni, con una progressione rispetto all’anno precedente del 12%. Anche la Francia è cresciuta, arrivando a 12,5 miliardi di euro di export vinicolo, mentre la Spagna (terzo esportatore mondiale) si è dovuta ‘accontentare’ di un aumento di circa il 6% (3 miliardi di euro). Spostandosi sul mercato interno, secondo i dati forniti da NielsenIQ il 2022 ha evidenziato una flessione nelle vendite dei vini venduti nel canale della Distribuzione a Libero Servizio, soprattutto a volume (-6,4% rispetto all’anno precedente), a fronte di un calo a valore dell’1,8%. Occorre anche segnalare che i livelli di vendita sono risultati comunque superiori, sia nei valori sia nelle quantità, a quelli pre-pandemici del 2019.

Il ritorno ai consumi “fuori casa”

“Tra i fattori che hanno determinato questo calo, ricordiamo da un lato l’aumento dei prezzi, che ha ridotto in parte la capacità di acquisto dei consumatori che vanno in GDO, ma dall’altro il 2022 ha visto finalmente un ritorno dei consumi al ristorante – spiega Denis Pantini, Responsabile Wine Monitor -. Questo perché, allentate le politiche sanitarie emergenziali legate al Covid, gli italiani come tutti gli europei hanno ripreso le precedenti abitudini, e spostando gli acquisti dalla GDO al consumo fuori casa. L’altro grande fattore è stato la ripresa del turismo straniero, dopo gli anni più critici della pandemia”. 

Strategie future dei produttori e sostenibilità

“La preoccupazione maggiore per il 2023 investe due aspetti: il primo coinvolge i costi – commenta Francesca Benini, Sales & Marketing Director di Cantine Riunite & Civ -, il secondo riguarda il comportamento d’acquisto del consumatore”. Da un lato infatti aumenta la propensione verso il canale discount, mentre dall’altro aumentano i consumi away from home.
“Le strategie future dei produttori di vino non potranno prescindere da alcuni trend internazionali, come quello della sostenibilità e della figura del nutrizionista consapevole, ovvero del consumatore attento al proprio benessere e a quello del pianeta – aggiunge Benini -. Le aziende e i brand che saranno in grado di richiamare questa sensibilità, a partire dalla comunicazione e dall’etichetta, saranno premiate dal mercato”.

Nel 2023 le bollette saranno meno salate? Non per tutti

Con l’inizio del nuovo anno si spera nella stabilizzazione delle tariffe di luce e gas e di un calo generale dei prezzi. In caso contrario, per molte famiglie italiane la situazione potrebbe diventare davvero drammatica. Nel 2022 gli italiani hanno dovuto fronteggiare spese inaspettate ed eccessive per le bollette di luce e gas, e molti si chiedono se il caro bollette nel 2023 sia destinato a perdurare, o a migliorare.  Purtroppo, per tutti gli italiani che hanno ancora un contratto in regime di maggior tutela, per le bollette del gas non ci sono buone notizie. Secondo quanto comunicato dall’ARERA, infatti, è previsto un aumento di circa il 23% sul prezzo del gas. 

Notizie più confortanti sul versante dell’energia elettrica

Una notizia che proprio non ci voleva, soprattutto a gennaio, dato che per molte famiglie italiane rinunciare al riscaldamento non è possibile. Notizie sicuramente più confortanti arrivano invece sul versante dell’energia elettrica. L’ARERA ha infatti comunicato che durante il primo trimestre del 2023 si dovrebbe assistere a un calo significativo dei prezzi della luce in bolletta, che dovrebbe superare il 19%. Anche in questo caso, si tratta delle tariffe applicate ai clienti che hanno ancora attivo un contratto nel regime di maggior tutela. Discorso completamente diverso per coloro che hanno scelto di passare al libero mercato, che possono contare su prezzi nettamente più vantaggiosi.

Il mercato libero alleggerisce le bollette

Gli italiani passati al mercato libero potranno contare su bollette nettamente più leggere nei prossimi mesi. I fornitori stanno già iniziando a proporre offerte luce e gas più convenienti, e possono permettersi di farlo, perché il costo della materia prima di fatto è calato drasticamente. Questa è senza dubbio un’ottima notizia, anche perché chiunque ha la facoltà di cambiare fornitore o passare a un’offerta del mercato libero in ogni momento. Le opportunità per risparmiare iniziano quindi a essere sempre più evidenti e dopo i mesi bui del 2022 lasciano finalmente intravedere qualche spiraglio di sereno.

Le offerte più vantaggiose sono quelle a prezzo indicizzato

Le offerte più vantaggiose del mercato libero sembrano essere quelle a prezzo indicizzato. Vale dunque la pena scegliere queste per ottenere il massimo del risparmio, e non trovarsi a sostenere bollette salatissime anche durante l’anno appena iniziato. Insomma, si può dunque affermare che la situazione nel 2023 dovrebbe rivelarsi decisamente meno preoccupante rispetto a quella del 2022. È tuttavia importante compiere le scelte giuste, e trovare un fornitore in grado di proporre offerte effettivamente vantaggiose, rigorosamente nel mercato libero e non nel regime di maggior tutela.

Bonus Mobili: aumenta il tetto di spesa per il 2023

Durante l’anno si può approfittare di diversi Bonus messi a disposizione dallo Stato. Tra questi c’è il Bonus Mobili, un’agevolazione fiscale introdotta dallo Stato italiano con la legge di bilancio di qualche anno fa, e successivamente prorogata. In dettaglio, il Bonus Mobili è una detrazione fiscale del 50% sull’acquisto dei mobili e degli elettrodomestici di classe A+ o superiore, destinati all’arredo di immobili oggetto di ristrutturazione edilizia. E per l’anno 2023 il Bonus Mobili presenta diverse novità, tra cui l’innalzamento dell’importo massimo a 16.000 euro.

Un’opportunità per chi vuole rinnovare l’arredamento 

Il Bonus Mobili rappresenta un’importante opportunità per chi vuole rinnovare l’arredamento della propria casa o della propria attività commerciale, sia un’abitazione privata o una struttura ricettiva. 
Grazie alla detrazione fiscale del 50%, infatti, è possibile risparmiare sull’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di alta qualità, contribuendo al contempo a ridurre i consumi energetici e a migliorare la qualità dell’aria interna. Se si sta pensando di effettuare una ristrutturazione edilizia e si intende approfittare del Bonus Mobili, bisogna ricordare di fare riferimento alle disposizioni della legge di bilancio 2023, e di conservare tutta la documentazione necessaria per poter beneficiare della detrazione fiscale.

Per ottenerlo è necessario rispettare alcuni requisiti


Per ottenere il Bonus l’acquisto dei mobili deve essere effettuato nell’ambito di una ristrutturazione edilizia documentata da apposita dichiarazione di inizio attività (DIA), un permesso di costruire o una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) regolarmente presentata. I lavori di ristrutturazione devono essere stati effettuati su un immobile oggetto di ristrutturazione che sia di proprietà dell’acquirente, o su un immobile locato dall’acquirente, a condizione che sia stato stipulato un contratto di locazione a canone concordato. Gli acquisti poi devono essere effettuati dal 1° gennaio al 31 dicembre, e i pagamenti devono essere effettuati con modalità tracciabili (bonifico bancario, carte di credito o di debito).

Come utilizzarlo?

La detrazione spetta solo per gli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per il forno), a eccezione di cucine componibili, caminetti, stufe, apparecchi per il riscaldamento, forni a microonde, lavatrici, lavastoviglie, apparecchi di climatizzazione, prodotti per il trattamento dell’acqua.
Una volta soddisfatti i requisiti per ottenere il Bonus Mobili, è possibile utilizzarlo in due modi,
in sede di dichiarazione dei redditi, presentando il modello 730 o il modello Unico, o mediante il modello F24, in cui verrà indicato il codice tributo 1936. La detrazione spetta per un importo massimo di 16.000 euro per unità immobiliare e può essere fruita in 10 quote annuali di pari importo. Precedentemente era 10.000 euro, ma il tetto per il 2023 è stato elevato.

Moringa, clorofilla, canapa o funghi shiitake? Ecco i superfood del 2023

Dopo anni di avocado, tè matcha e quinoa, siamo pronti a scoprire quali saranno i superfood del 2023. Oltreoceano è già mania, e anche sui social impazzano le classifiche con le ultime tendenze. A raccontarli anche qui da noi è CiboCrudo, il brand italiano di cibo plant-based e crudista, che ha sovrapposto i trend di TikTok e Instagram con gli studi scientifici e gli argomenti più dibattuti dagli esperti del settore. Ecco quali saranno le “specialità alle quali non dovremo rinunciare se vorremo essere sani, in forma, giovani e pieni di energia.

Dalla moringa alla canapa e alla clorofilla

Il 2023 sarà l’anno della moringa. Pianta sub-himalayana, è ricchissima di vitamina C, vitamina E, beta-carotene e proteine, che la rendono ufficialmente un ingrediente superstar. Si usa aggiungendo un cucchiaino di polvere di moringa al frullato per ottenere uno smoothie verde vibrante.  Anche i semi di canapa riempiranno i nostri piatti: provenienti dalla pianta della cannabis sativa, sono l’aggiunta perfetta a qualsiasi cosa si mangi. Dal vago sapore di nocciola, sono una riserva di acidi grassi omega-3 e vitamine che supportano la salute del cuore, le funzioni cerebrali e il sistema immunitario.  Un altro trend che arriva direttamente da TikTok: la clorofilla impazza e non si contano i video che consigliano di assumere clorofilla liquida o acqua alla clorofilla per guadagnarne in salute. Questa sostanza, fondamentale per le piante, fornisce effettivamente anche diversi benefici per la salute: ha proprietà antiossidanti, depurative, antimicrobiche, favorisce la digestione, è utile a riequilibrare la flora batterica dell’intestino, è ricca di vitamine.

Grassi buoni e funghi shiitake

Il 2023 sarà anche l’anno dei grassi buoni, e vegetali: i più attenti a un’alimentazione sana hanno già da tempo inserito nella propria dieta il burro di cacao, il burro di cocco, i burri di frutta secca in sostituzione o in alternativa ai grassi animali. Il 2023 sarà l’anno di definitivo sdoganamento, per fare il pieno di benefici. Largo ai funghi shiitake: sorprendono per il loro prezioso contenuto di beta-glucani, vitamine e amminoacidi, che possono sostenere il sistema immunitario esercitando un’azione antivirale, immunostimolante e immunomodulante. La vitamina D3, in particolare, è uno dei nutrienti anti-invecchiamento più trendy del momento. La polvere di shiitake può essere utilizzata come insaporitore di piatti crudi o cotti.

Ayurveda a tavola

Tra le erbe ayurvediche, che possono potenziare le funzioni cognitive, la più trendy è il brahmi. Se già nell’antica medicina ayurvedica si credeva che potesse “aprire la porta della piena conoscenza” oggi le ricerche scientifiche ne hanno rivelato i benefici per la memoria e l’apprendimento. Una dieta “salva memoria” – ricca cioè di cibi contenenti acidi grassi omega-3 e magnesio, e povera di alimenti troppo grassi e processati – non potrà farne a meno.

Carne o pesce? Le preferenze degli italiani per le Festività

Il Natale sta arrivando, e quali pietanze popolano le cucine del Bel Paese durante le Festività?
Fino a qualche decennio fa le usanze erano chiare. Al Centro e Sud Italia si festeggiava la Vigilia con un cenone ‘di magro’, mentre al Nord era d’obbligo il pranzo del 25 a base di carne.
Oggi i dati di Everli mostrano come al diffondersi di nuovi stili alimentari emergano menu delle festività ‘alternativi’, e tra una portata di carne e una di pesce, quest’anno faranno capolino piatti veggy o vegan, scelti da 1 italiano su 10 (10%).

Salmone, il Re del menu “di magro”

Se tra bovino e pollo gli italiani non riescono a scegliere, sul pesce non ci sono dubbi: il Re delle feste è il salmone. Dalla versione affumicata, al 1° posto tra le varietà di pesce più acquistate, al filetto al naturale (2°) fino al sashimi (6°), questa specie del nord Atlantico occupa 15 posizioni su 30 nel ranking dei prodotti di mare più venduti.
Tra chi sceglie un menu ‘di magro’, particolarmente apprezzato è anche il pesce bianco, come merluzzo (5°), orata (10°), baccalà (14°), platessa (18°) e persico (20°).  Ma contrariamente alla tradizione, non è il Sud a scegliere ricette di mare in occasione delle Feste, ma la provincia di Trieste.

Pollo, salsiccia o scottona?

Nella top 10 delle province che più spendono per carne e pesce Trieste è l’unica provincia a comparire solo nella classifica degli amanti del menu ‘di magro’ (7° posto), con preferenza per salmone, capesante e rombo. Benché presenti in entrambi i ranking, anche a Roma e Genova si preferisce il pesce, ma oltre al salmone, sempre presente, la Capitale aggiunge le vongole, mentre la Liguria il polpo. Piemontesi e lombardi optano invece per la carne. A Torino vince di poco un menu tradizionale a base di pollo, salsiccia e scottona. Il capoluogo piemontese è infatti al 2° posto della top 10 delle province italiane che più spendono per la carne, mentre scivola al 3° per il pesce. 
Anche i lombardi scelgono un menu di terra, soprattutto a Varese e Monza. In particolare, i varesini celebrano il Natale esclusivamente con piatti a base di pollo, bovino e suino, e si preparano per Capodanno facendo scorta di cotechino e zampone.

Per Milano e Bologna “mari e monti”

C’è poi chi preferisce non schierarsi nella lotta tra carne e pesce, e per Natale porta in tavola un menu ‘mari e monti’. In questo caso, è Milano al 1° posto in entrambe le classifiche, e in occasione delle festività spende di più sia per acquistare pollo, scottona e salsiccia sia per comprare salmone e pesce spada. Anche a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini si servono sia antipasti con salmone affumicato, primi alle vongole e secondi di pesce bianco, sia portate con la carne, con una predilezione particolare per il macinato.

Paola d’ordine wellbeing: le imprese italiane e il welfare

Secondo l’indagine internazionale Disconnect to Reconnect di Adecco, per il 73% delle aziende il wellbeing dei dipendenti è diventato molto importante per migliorare tasso di engagement (39%) e soddisfazione (24%). Un dato confermato dal Future Workplace 2021 HR Sentiment Survey condotto da Forbes, che rivela come il 68% dei responsabili hr senior consideri il benessere psicofisico del personale una delle massime priorità.
È wellbeing insomma la nuova parola d’ordine quando si parla di welfare aziendale, ovvero, di quelle iniziative promosse per migliorare la qualità di vita dei lavoratori tramite servizi e bonus di diversa natura. E oggi la scelta dei benefit aziendali è sempre più vasta: non solo buoni pasto o assicurazioni sanitarie, ma anche massaggi, frutta e verdura gratis, corsi di fitness e iniziative per acquisire o migliorare le competenze professionali.

Aumentano le Pmi con un livello di welfare elevato

Il cambiamento in atto è fotografato dal Welfare Index Pmi 2021, il report annuale sul welfare nelle Pmi italiane condotto da Innovation Team, che rivela come dal 2016 al 2021 le aziende con un livello di welfare elevato siano aumentate in modo significativo, passando dal 9,7% al 21%, e quelle con un welfare di base siano scese invece dal 49,3% al 35,8%. Catalizzatrice indiscussa del processo è stata la pandemia, che ha riportato al centro i lavoratori come persone, dando un ruolo di primo piano alle loro esigenze individuali.

La soddisfazione dei lavoratori si traduce in un vantaggio economico

Come spiega Randstad, il grado di benessere del personale e la qualità delle performance aziendali sono profondamente correlati. La creazione di un buon ambiente di lavoro e di un equilibrio tra lavoro e vita privata riducono i tassi di assenteismo incentivando la produttività e l’engagement dei team, e una maggiore soddisfazione dei lavoratori produce fidelizzazione, e dunque una minore rotazione del personale. Questo, si traduce in un vantaggio economico, dal momento che investire su dipendenti già assunti ha un costo inferiore rispetto a formare nuove risorse. Inoltre, l’appagamento dei dipendenti favorisce una buona reputazione aziendale, con maggiori possibilità di attrarre nuovi talenti.

Ma il 60% dei dipendenti non ha supporto in termini di benessere

Quando le politiche di welfare sono calibrate sui bisogni dei dipendenti i risultati non tardano ad arrivare. Lo dimostra il Welfare Index Pmi 2021: le società che utilizzano il welfare come leva strategica hanno avuto un ritorno in termini di produttività, soddisfazione e fidelizzazione della forza lavoro. Eppure, gli studi concentrati sul wellbeing e sui suoi effetti positivi sui bilanci aziendali si scontrano con un dato di segno opposto,  riporta Adnkronos.  Adecco rivela infatti che solo un 1/3 delle aziende mette in atto iniziative che vanno oltre l’offerta di orari e sedi di lavoro flessibili. Questo spiegherebbe perché il 45% dei dipendenti (60% in Italia) ritiene che la propria società non fornisca un supporto in termini di benessere.

Metaverso: cos’è e come funziona?

Ipsos, partner dell’Osservatorio Metaverso, creato dall’esperto del mondo digital Vincenzo Cosenza, ha condotto un’indagine per comprendere l’effettiva conoscenza e utilizzo del Metaverso in Italia. Questo nuovo strumento digitale attrae maggiormente gli over36, non solo avvezzi a questo tipo di realtà, ma anche fruitori di esperienze all’interno dei mondi over Internet. Quanto alla conoscenza del Metaverso, l’81% ne ha sentito parlare, ma la conoscenza è scarsa. Realtà virtuale e AI sono più conosciuti, spesso più per un bombardamento mediatico che per un reale approfondimento. Molto meno Blockchain, NFT e web 3.0. In particolare, GenX e Millennials battono i giovanissimi, che risultano meno a loro agio soprattutto quando si parla di criptovalute, NFT e Blockchain.

Un miglioramento delle attività online

Chi dichiara un atteggiamento maggiormente favorevole verso questi nuovi mondi sono gli over36, mentre gli under25 si dimostrano più indecisi. Facilità di accesso, costo eccessivo dei device e scetticismo legato al non sentirsi a proprio agio in un mondo virtuale sono le principali barriere all’utilizzo. In prospettiva, emerge l’aspettativa che il Metaverso porti un miglioramento delle attività online in quasi tutti gli ambiti, in particolare, quello legato a intrattenimento, connessione ed educazione. Per il 37% del campione sarà più facile incontrare persone diverse nei mondi virtuali che nella vita di tutti i giorni, e il 26% dichiara che potrebbe imparare di più su moda e tendenze nei mondi virtuali piuttosto che fare shopping nei negozi o online.

Nuove conoscenze e competenze

Chi ha partecipato ad attività immersive ha interagito principalmente con persone che conosceva già. Le attività a cui finora hanno partecipato riguardano maggiormente giocare e trascorrere il tempo con gli amici (quasi 50% GenZ), e circa il 30% ha esplorato un’altra città, principalmente Millennials.
Guardando al futuro rimane alto l’interesse per nuove conoscenze e competenze: frequentare corsi, esplorare città, assistere a concerti, spettacoli o film. Alla domanda ‘quali mondi virtuali ha visitato negli ultimi 6 mesi?’ oltre il 70% degli intervistati dichiara di non aver visitato nessun mondo virtuale. Tra quelli visitati, Minecraft e Fortnite sono in testa, ma con percentuali ancora poco significative.

Una realtà ancora lontana

Dalla ricerca emergono poi tre profili di utenti che si differenziano per conoscenza, utilizzo e attitudine verso il Metaverso: Entusiasti conoscitori (31%), il target che ha la più alta concentrazione di Millennials e GenX, Neofiti ottimisti (49%), con la più alta concentrazione di GenZ, e Scettici intimoriti (40%), distribuiti su tutte le generazioni. Le percentuali non polarizzate che descrivono il campione diviso nei tre profili di metapersonas mettono in luce un importante segnale: lo strumento Metaverso e gli altri elementi innovativi che compongono il web 3.0 sono attualmente vissuti come realtà ancora lontane. Sarà il domani a dare maggiore seguito sulla vita e applicazione di questi mondi paralleli. 

Imprese lombarde: in un anno raddoppiano le cessazioni

Un fenomeno che potrebbe rappresentare l’avvio di un processo di ‘smaltimento’ delle mancate cessazioni degli anni scorsi, caratterizzati da bassi livelli di mortalità anche grazie alle misure di sostegno intraprese dal Governo per contrastare gli effetti della pandemia. Si tratta delle cessazioni d’impresa, che in Lombardia nel terzo trimestre del 2022 arrivano a 17.754. Un numero più che raddoppiato su base annua, con una crescita del +144,3% rispetto all’analogo periodo del 2021. L’incremento è guidato dalle cancellazioni d’ufficio messe in atto dalle Camere di Commercio per eliminare posizioni formalmente attive, ma non più operative, che risultano 10.048. Ma aumentano comunque anche le cessazioni dichiarate dalle imprese, sebbene meno intensamente: sono infatti 7.526. Sono alcuni risultati dell’ultimo rapporto di Unioncamere Lombardia sull’andamento della demografia delle imprese.

Le iscrizioni si confermano ai livelli pre-Covid: +0,2%

Sempre secondo il rapporto di Unioncamere, all’incremento delle cessazioni si accompagna una stabilità delle iscrizioni, che sono pari a 10.630, e segnano una crescita del +0,2%, confermandosi sui livelli pre-Covid. Si tratta di un dato che testimonia la resilienza della Lombardia di fronte al peggioramento delle prospettive economiche. A livello nazionale il flusso di nuove imprese risulta infatti in diminuzione. Dopo sei trimestri di crescita la dinamica fra iscrizioni e cessazioni si traduce però in un calo complessivo del numero di imprese lombarde attive. Con un -0,6% su base annua ora risultano infatti 818.305.

Commercio e industria -2,6%, alloggio e ristorazione -1,8%

La diminuzione del numero di imprese attive risulta particolarmente intensa nel settore del commercio, dove segna un -2,6%, nell’industria, che segna  ugualmente un -2,6%, e nelle attività di alloggio e ristorazione, a -1,8%. Anche il settore delle costruzioni torna in territorio negativo (-1,3%), ma lo stock di imprese edili rimane comunque ampiamente superiore ai livelli pre-Covid. E sebbene il processo di contrazione stia rallentando, l’agricoltura conferma la tendenza strutturale al ridimensionamento (-0,9%), mentre gli altri servizi rimangono il solo settore in crescita, con un +1,7%.

“Il fenomeno potrebbe proseguire anche nei prossimi trimestri”

“L’aumento delle cessazioni d’impresa è un campanello d’allarme: dopo la crisi dovuta alla pandemia, il conflitto in Ucraina e le tensioni sui mercati dell’energia stanno mettendo a dura prova il nostro sistema economico – ha dichiarato il Presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio -. Se le prospettive continueranno a deteriorarsi, anche la propensione a fare impresa potrebbe risentirne, e il fenomeno potrebbe proseguire nei prossimi trimestri”.